Ma Jun è uno scrittore e precursore della difesa dell’ambiente in Cina. Dal 2006 dirige a Pechino una ong che monitora l’inquinamento. L’intervista esclusiva.
Under the dome, il documentario sullo smog che unisce la Cina
Solo in Cina un documentario incentrato sui problemi alla salute causati dall’inquinamento avrebbe potuto totalizzare 100 milioni di visualizzazioni in meno di 48 ore, ricevere il plauso del ministro dell’Ambiente Chen Jining e riuscire a valicare i confini nazionali ancor prima di essere tradotto o quantomeno sottotitolato in una lingua dai caratteri latini. È Under
Solo in Cina un documentario incentrato sui problemi alla salute causati dall’inquinamento avrebbe potuto totalizzare 100 milioni di visualizzazioni in meno di 48 ore, ricevere il plauso del ministro dell’Ambiente Chen Jining e riuscire a valicare i confini nazionali ancor prima di essere tradotto o quantomeno sottotitolato in una lingua dai caratteri latini.
È Under the dome – investigating China’s smog, il documentario realizzato dalla giornalista cinese Chai Jing e pubblicato online per la prima volta sabato 28 febbraio. Il ministro Jining ha persino fatto un parallelo tra quest’opera e il libro di Rachel Carson Primavera silenziosa (Silent spring) che nel 1963 diede vita a un nuovo movimento ambientalista che cambiò per sempre l’Occidente.
Indipendente
Jing lavora per la televisione di stato Cctv, ma è riuscita a produrre il documentario in modo indipendente, sborsando di tasca propria il milione di yuan cinesi (circa 142mila euro) necessari e chiedendo l’aiuto di alcuni colleghi. Lo stile ricorda un po’ quello di un Ted o di una presentazione di Steve Jobs.
Il film dura 103 minuti e comincia con la giornalista che racconta la propria esperienza, il periodo in cui è diventata madre di un bambino con un tumore benigno, costretto a un’operazione per rimuoverlo. Un aneddoto che, con molta probabilità, potrebbero raccontare centinaia di altre madri cinesi che ogni giorno devono fare i conti con livelli di smog devastanti per la salute delle loro famiglie. Esperienze comuni che hanno decretato, purtroppo, il successo di questo documentario.
Un argomento che unisce
La consapevolezza dei danni alla salute causati dall’inquinamento, devastanti nella maggior parte delle metropoli cinesi, è aumentata nel 2013 quando, in una tranquilla giornata d’autunno, la città cinese di Harbin si è risvegliata immersa in un’anomala nebbia fatta di smog. Quel giorno, il 21 ottobre, Harbin e i suoi 11 milioni di abitanti hanno occupato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo al grido di Airpocalypse perché il livello di livello di pm2,5, le polveri sottili più pericolose, avevano raggiunto i 1.000 microgrammi per metro cubo in alcuni quartieri. A fronte di una concentrazione massima consentita di 20 microgrammi secondo l’Organizzazione mondiale della sanità.
Il tempismo di Under the dome è stato perfetto ed è riuscito a mettere d’accordo tutti, dal governo alle associazioni come Greenpeace. Il ministro dell’Ambiente Jining è stato nominato il giorno prima della sua pubblicazione e il 2 marzo sono cominciati i lavori annuali dell’Assemblea nazionale del popolo. Una delle prime dichiarazioni di Jining ha riguardato proprio il documentario che potrebbe aiutare la Cina ad adottare misure più stringenti contro polveri sottili ed emissioni di CO2.
Il cielo è grigio
La causa principale dell’inquinamento e della nebbia costante in Cina è l’utilizzo senza limiti di combustibili fossili come il petrolio e soprattutto il carbone. Uno dei passaggi più toccanti di Under the dome riguarda proprio il cielo.
“Hai mai visto le stelle?”, chiede Chai a una bambina di sei anni: “No”. “Hai mai visto il cielo blu?” prova di nuovo Chai. “Ho visto un cielo leggermente blu”. “Hai mai visto le nuvole bianche?” “No” risponde di nuovo la bambina.
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