Gli impegni assunti dai governi di tutto il mondo in termini di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra porteranno il Pianeta verso una catastrofe climatica. Secondo un nuovo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), infatti, le promesse avanzate dagli stati e inviate alle Nazioni Unite non soltanto non sono sufficienti a centrare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, ma porteranno addirittura ad una crescita della temperatura media globale, alla fine del secolo, di 2,7 gradi centigradi rispetto ai livelli pre industriali.
Action on nitrogen for climate helps address many challenges at the same time.
We need nitrogen action for: 🟢Adaptation 🟢Resilience 🟢Nature 🟢Energy 🟢Transport 🟢Finance
António Guterres: “La leadership necessaria sul clima è assente”
Nel documento si sottolinea come le parole sull’importanza della lotta ai cambiamenti climatici, i proclami sull’abbattimento della CO2 e gli impegni per l’azzeramento delle emissioni nette al 2050 non sono stati seguiti da sufficienti azioni concrete. Al contrario, le promesse secondo l’Unep restano “vaghe, spesso incomplete e non allineate alla maggior parte dei programmi di breve periodo”.
“A meno di una settimana dall’avvio della Cop 26 di Glasgow – ha commentato il segretario generale dell’Onu, António Guterres – il mondo rimane sulla via della catastrofe. Come indica il titolo del rapporto di quest’anno, ‘il caldo è qui’. E come mostrano i contenuti del documento, la leadership di cui abbiamo bisogno è invece assente”.
Nel 2021 emissioni di CO2 in crescita del 4,8 per cento
L’Unep ha anche sottolinea come, dopo un calo senza precedenti delle emissioni di CO2 dovuto alla pandemia nel corso del 2020 (-5,4 per cento), si attende una nuova, marcata, crescita. Le stime preliminari per il 2021 indicano infatti un aumento del 4,8 per cento, ad un livello complessivo di poco più basso rispetto al record storico toccato nel 2019. Non stupisce, in questo senso, l’annuncio dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), secondo la quale il quantitativo di CO2 presente nell’atmosfera terrestre ha toccato le 413,2 parti per milione (ppm): per ritrovare un valore così elevato occorre tornare indietro di 3-5 milioni di anni.
Se davvero la temperatura media globale dovesse crescere di 2,7 gradi centigradi, i disastri in tutto il mondo non farebbero che moltiplicarsi. Nell’ottobre del 2018, infatti, un altro rapporto del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), aveva spiegato cosa cambierebbe tra i due obiettivi fissati a Parigi nel 2015 in materia di riscaldamento globale, ovvero 1,5 e 2 gradi. Ebbene, nel primo caso l’innalzamento del livello dei mari sarebbe di dieci centimetri inferiore rispetto alla prospettiva di 2 gradi, alla fine del secolo.
L’Unep ha analizzato gli impegni di 190 nazioni più l’Unione europea
Inoltre, l’ipotesi di un’estate con un oceano artico privo di ghiaccio è considerata altamente improbabile (una volta al secolo) con 1,5 gradi, mentre ben più frequente (una volta ogni decennio) con 2 gradi. Allo stesso modo, con 2 gradi il 99 per cento delle barriere coralline presenti nei mari potrebbe essere spacciato, mentre la percentuale scenderebbe al 70-90 nello scenario più favorevole. Stanti tali dati, è facile immaginare che una crescita di ulteriori 0,7 gradi centigradi potrebbe comportare effetti semplicemente disastrosi.
As world leaders prepare for #COP26, the latest emissions gap report is another thundering wake-up call for bold, concrete #ClimateAction.
L’Unep, per arrivare alle conclusioni esposte nel rapporto, ha esaminato le Ndc (Nationally determined contributions) presentate al 30 settembre da 191 parti: 190 nazioni più l’Unione europea. Si tratta delle promesse di riduzione avanzate da ciascun governo. A tale data soltanto 120 esecutivi, le cui emissioni di CO2 sono pari a circa la metà di quelle totali nel mondo, hanno inviato nuovi impegni nero su bianco. Ciò dopo che i primi – che risalgono al 2015 – erano risultati ancora meno ambiziosi (in quel caso le proiezioni parlavano di +3,2 gradi alla fine del secolo).
La Cina presenta nuovi impegni, giudicati insoddisfacenti dalle Ong
Non è stato possibile invece tenere conto del nuovo contributo arrivato il 28 ottobre, proprio a poche ore dall’avvio della Cop 26, dalla Cina. La nazione asiatica ha presentato la sua nuova Ndc, particolarmente attesa per via del peso di Pechino in termini di emissioni di gas ad effetto serra. Il documento non presenta, in realtà, giganteschi passi in avanti: i due principali obiettivi – il raggiungimento del picco delle emissioni “prima del 2030” e della carbon neutrality “prima del 2060” – sono stati semplicemente confermati.
Tuttavia, la Cina nella precedente Ndc aveva indicato una formula diversa rispetto al picco, spiegando che esso sarebbe stato raggiunto “attorno al 2030”. Ma Pechino si è anche impegnata ad aumentare la quota di combustibili non fossili al 25 per cento del proprio mix energetico (prima si era parlato del 20 per cento). Ciò in particolare grazie allo sviluppo della capacità installata di solare ed eolico a 1,2 miliardi di kilowatt, di qui al 2030. Ciò nonostante, secondo Li Shuo di Greenpeace Cina, le nuove promesse “gettano un’ombra sullo sforzo climatico mondiale. Pechino sembra esitare su obiettivi più ambiziosi di breve termine”. La richiesta dell’associazione ambientalista è che il picco delle emissioni venga anticipato al 2025.
Al contempo, anche l’Australia, principale esportatore mondiale di carbone, ha depositato una nuova Ndc, nella quale per la prima volta viene indicato l’obiettivo della carbon neutrality al 2050. Ma nel documento non viene fornito alcun dettaglio sul modo in cui la nazione conta di riuscirci.
Per l’obiettivo degli 1,5 gradi occorre moltiplicare gli sforzi per sette
Come spiegato da Anne Olhoff, tra gli autori del rapporto, si è fatto dunque “qualche passo avanti”, ma in modo “ancora largamente insufficiente”. Sulla base delle Ndc attuali, infatti, la diminuzione delle emissioni, di qui al 2030, sarà solamente del 7,5 per cento, rispetto agli impegni precedenti.
🚨 New & updated climate commitments fall far short of what is needed to meet the goals of the #ParisAgreement, leaving the world on track for a global temperature rise of at least 2.7°C this century.
Per centrare l’obiettivo dei 2 gradi centigradi occorrerebbe quadruplicare il calo; se si vorrà limitare la crescita della temperatura media globale a 1,5 gradi, lo sforzo dovrà essere sette volte superiore rispetto a quanto finora annunciato.
Nel 2020 il coronavirus ha fatto calare del 7 per cento le emissioni, ma questo avrà un impatto marginale sul riscaldamento globale. Per invertire la rotta serve la volontà politica.
Lo scrittore Jonathan Safran Foer ha partecipato al Festivaletteratura di Mantova con il suo ultimo saggio sull’emergenza climatica ‘Possiamo salvare il mondo prima di cena’. L’intervista.
Gli studi più recenti sul riscaldamento globale fotografano una realtà preoccupante. Ancor più di quanto previsto dal Quinto rapporto dell’Ipcc del 2014.
Ci stiamo mangiando il pianeta. E ad una velocità che è triplicata in 40 anni. È questo l’allarme lanciato dagli scienziati dell’Unep (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) in un rapporto dell’Irp (International resource panel). L’estrazione di materie prime è infatti passata da 22 miliardi di tonnellate nel 1970, ai 70 miliardi di tonnellate
Un nuovo studio dell’Unep ha sottolineato il rapido declino delle foreste di mangrovie, la cui scomparsa avrebbe un costo annuale di 42 miliardi di dollari.