Nella regione del Sahel, sconvolta da conflitti inter comunitari e dai gruppi jihadisti, 29 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria.
L’istruzione è sotto attacco, 13 milioni i bambini colpiti in Medio Oriente e Nordafrica secondo l’Unicef
Tredici milioni di bambini non hanno accesso all’istruzione a causa dei conflitti in atto in Medio Oriente e Nordafrica. Questi e altri dati allarmanti sono emersi dal rapporto Education under fire dell’Unicef, che analizza la situazione dell’istruzione in Siria, Iraq, Yemen, Libia, Palestina, Sudan, Giordania, Libano e Turchia. Fino a pochi anni fa, la regione era
Tredici milioni di bambini non hanno accesso all’istruzione a causa dei conflitti in atto in Medio Oriente e Nordafrica. Questi e altri dati allarmanti sono emersi dal rapporto Education under fire dell’Unicef, che analizza la situazione dell’istruzione in Siria, Iraq, Yemen, Libia, Palestina, Sudan, Giordania, Libano e Turchia.
Fino a pochi anni fa, la regione era vicina al raggiungimento dell’istruzione primaria per tutti. Per esempio, in Siria, nel 2010 il 93 per cento dei bambini era iscritto alle scuole elementari. Nel 2013, però, il tasso è sceso al 62 per cento. Oggi più di due milioni di bambini non hanno accesso all’istruzione in Siria e questo scenario ne minaccia altri 500mila. Inoltre, dei 3-4 milioni di siriani scappati dal paese, 700mila bambini non vanno a scuola.
“In mezzo a violenza e instabilità, la scuola è un luogo di cultura e opportunità, un santuario per la ripresa e la salute. L’istruzione fornisce ai bambini le capacità per ricostruire le loro società”
(Anthony Lake, direttore generale di Unicef)
In queste zone di conflitto, uno dei principali fattori che impediscono l’accesso all’istruzione è la distruzione fisica delle strutture scolastiche. Si stima che 8.850 scuole in Siria, Iraq, Yemen e Libia siano inagibili perchè danneggiate o utilizzate per ospitare le persone che hanno lasciato le proprie case o per scopi militari. Queste condizioni interessano un quarto delle scuole in Siria, mentre in Iran tre milioni di persone che hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni hanno trovato rifugio in strutture scolastiche.
Non solo le scuole sono nel centro del mirino (nel 2014 sono stati registrati 214 attacchi a edifici scolastici nella regione), ma anche bambini e insegnanti. Durante i 51 giorni di conflitto che ha incendiato Israele e Palestina nell’estate del 2014, 551 bambini palestinesi sono stati uccisi e più di tremila sono rimasti feriti, molti dei quali riportando disabilità permanenti. Molti genitori non mandano i propri figli a scuola per paura che gli possa succedere qualcosa in loro assenza. Inoltre, sono stati registrati diversi attacchi a insegnanti, come quello in Yemen che ha ucciso tredici professori in una sola offensiva. In Siria, circa 53mila docenti sono stati obbligati a interrompere la loro attività di insegnamento a causa della guerra civile.
Il rapporto dell’Unicef mette in luce alcune delle azioni necessarie per migliorare l’accesso all’istruzione ai bambini nelle aree di conflitto in Medio Oriente e Nordafrica. Queste misure prevederebbero servizi informali di istruzione, azioni di pressione sulle parti coinvolte nel conflitto per fermare gli attacchi alle scuole, e maggiori aiuti umanitari destinati all’istruzione. Il rapporto evidenzia anche iniziative come No Lost Generation, grazie alla quale sono stati avviati 600 gruppi di istruzione in Siria con lo scopo di aiutare i bambini nel proseguimento degli studi. La distribuzione di materiale scolastico da parte dell’Unicef alle famiglie ha inoltre aiutato i bambini iracheni e siriani a continuare il loro percorso scolastico presso le loro abitazioni e i campi profughi.
I conflitti mettono non solo a repentaglio la vita dei bambini, ma minano anche la loro possibilità di costruire un futuro migliore per le comunità e le nazioni in cui vivono. Se i bambini crescono circondati dalla violenza, senza avere la possibilità di sviluppare i mezzi necessari per affrontare il trauma, da adulti saranno più propensi a sviluppare modelli comportamentali distruttivi e, allo stesso tempo, sarà meno probabile che acquisiscano le capacità per poter affrontare i processi complessi di risoluzione del conflitto, ricostruzione e pace duratura.
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