Negli ultimi anni si è fatta sempre più nutrita la lista di università che hanno promesso di abbandonare (del tutto o in parte) gli investimenti nei combustibili fossili. Da Harvard alla rete di atenei pubblici della California, da Edimburgo a Oxford. Mancava però un nome all’appello: quello di Cambridge, uno dei simboli dell’eccellenza accademica britannica. Ci sono voluti cinque anni di mobilitazioni da parte degli studenti, ma finalmente il 1° ottobre è arrivato l’annuncio ufficiale.
"These proposals will underpin the University's efforts to cut its greenhouse gas emissions to zero by 2038."
“L’università vuole dare una risposta di sistema a un’incalzante necessità di azione, dettata dall’etica e dall’ambiente, con un annuncio storico che prova la nostra determinazione a cercare soluzioni alla crisi climatica. Ci approcceremo con rinnovata fiducia alle nostre collaborazioni con istituzioni, aziende e partner di ricerca in tutto il mondo, lavorando insieme per un futuro a zero emissioni”. Queste le parole con cui il professor Stephen J. Toope, durante il discorso per l’inaugurazione dell’anno accademico, ha introdotto l’ambizioso piano per il clima messo in campo per i prossimi anni.
Entro il 2030 l’università di Cambridge dismetterà tutti i suoi investimenti diretti e indiretti nel ramo dei combustibili fossili. Nel frattempo, promette di investire in modo “significativo” nelle fonti rinnovabili entro il 2025. La decisione ha un suo peso anche dal punto di vista finanziario. Con i suoi 3,3 miliardi di euro, a cui si vanno ad aggiungere i 4,5 miliardi dei vari college, il suo fondo di dotazione infatti è il più ricco d’Europa, superando anche quello dell’eterna rivale Oxford (pari a 1,3 miliardi di euro, più i 5,4 miliardi dei college).
Cambridge a zero emissioni entro il 2038
Questa decisione si inserisce in un piano molto più vasto per azzerare completamente le emissioni dell’ateneo (compreso il suo portafoglio di investimenti) entro il 2038. Una data che anticipa di ben 12 anni il termine per la carbon neutrality dell’intero Regno Unito che era stato fissato dalla ex-premier Theresa May poco prima della fine del suo mandato.
D’ora in poi l’università passerà al vaglio le politiche ambientali di tutte le aziende che le propongono donazioni e fondi a sostegno della ricerca, per essere sicura di non accettare denaro da chi non è coerente con i suoi obiettivi. Ciò potrebbe portare a recidere legami di lunga data con diversi colossi dell’energia. È passato meno di un anno, per esempio, dalla contestata donazione di 6,6 milioni di euro ricevuta da Shell per studiare le tecnologie di estrazione del petrolio.
Esprimono soddisfazione gli studenti, riuniti nel movimento Cambridge Zero Carbon, che negli ultimi cinque anni hanno fatto pressione per raggiungere questo traguardo. Sono stati loro a marzo 2019 a lanciare una mozione firmata da 324 accademici, a seguito della quale il Consiglio ha commissionato un report sui possibili pro e contro del disinvestimento. Quest’ultimo “fornisce prove schiaccianti sul fatto che le pratiche dell’industria dei combustibili fossili non siano compatibili con il ruolo dell’università come centro di ricerca scientifica all’avanguardia nel mondo, né con la sua missione dichiarata di contribuire al progresso della società”, commenta il presidente del sindacato studentesco Ben Margolis. “Speriamo che altri istituti seguano quest’esempio e agiscano con fermezza per affrontare l’emergenza climatica”.
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