Lo scienziato francese Aurélien Barrau ha scritto un libro in cui racconta perché la lotta per la vita sulla Terra è la madre di tutte le battaglie.
Uomini e topi: una parentela preziosa
Nasce dalle affinit
Il processo di mappatura del genoma umano da poco completato
rappresenta, infatti, solo una tappa di un complicato percorso di
ricerca che porterà, ma non in tempi brevi, ad una
conoscenza reale del funzionamento dei singoli geni e del
significato delle diverse anomalie.
Un percorso che può oggi usufruire di una scorciatoia,
grazie ad un nuovo software sviluppato dall’Università di
Stanford in collaborazione con un’azienda farmaceutica e presentato
nell’ultimo numero della rivista Science. Il nuovo programma,
chiamato Digital disease, utilizza il DNA dei topi, “che è”,
spiega Jonathan Usuka, uno dei ricercatori che hanno lavorato al
progetto, “uguale all’80 per cento a quello dell’uomo, ma molto
più semplice, e meglio conosciuto”, dato che topi
geneticamente modificati vengono abitualmente usati per studiare
cause ed evoluzione di molte malattie.
Il sistema con il quale lavora Digital Disease è – almeno
teoricamente – molto semplice: il software legge il genoma del topo
alla ricerca delle possibili alterazioni presenti in singoli
nucleotidi, gli elementi fondamentali di cui sono fatti i geni,
composti a loro volta di quattro basi azotate (adenina, guanina,
citosina e timina).
I ricercatori calcolano che ciascun individuo – uomo o topo –
contenga nel proprio organismo circa 3 milioni di tali alterazioni,
che il software è in grado di individuare in meno di un
secondo: la maggior parte di esse sono innocue, ma alcune causano
gravi patologie.
Digital disease permette ai ricercatori di concentrare la ricerca
sui segmenti di cromosomi in cui si trovano le mutazioni
potenzialmente nocive: esperimenti fatti con il Dna di topi
portatori di determinate malattie, come l’asma e alcune forme
tumorali, mostra che il sistema è in grado di localizzare le
alterazioni in una frazione di secondi.
“In questo modo, la ricerca si riduce a circa il 10 per cento del
genoma, risparmiando tempo prezioso”, spiega Usuka: in prospettiva
il software sarà in grado di identificare anche tratti
fisici, come il peso o il colore del pelo – o dei capelli se si
tratta di umani – e soprattutto di progettare rapidamente nuovi
farmaci.
Abigaille Barneschi
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