L’urgano Beryl è il più veloce ad aver raggiunto categoria 4 nella storia delle rilevazioni. Ha già colpito duramente molte isole caraibiche.
Prosegue l’allarme nel mar dei Caraibi per il passaggio dell’uragano Beryl, che da giorni ormai sta mettendo in grande difficoltà le isole caraibiche che ha incontrato sul proprio percorso. Stando ai dati diffusi dall’osservatorio sugli uragani della National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), nelle ultime 24 ore Beryl ha raggiunto dimensioni e intensità di categoria 5, la più alta nella scala Saffir-Simpson con cui vengono classificate le tempeste tropicali. I venti registrati sin qui hanno superato i 260 chilometri orari. Durante il suo passaggio Beryl ha colpito le isole Carriacou e Petite Martinique, l’isola di Grenada e Santa Lucia e si starebbe dirigendo verso la penisola messicana dello Yucatan, dove è attesa nella giornata di sabato. Ma le maggiori preoccupazioni attorno a questo fenomeno altamente distruttivo riguardano le tempistiche: Beryl è infatti l’uragano più precoce mai registrato, in anticipo di quasi un mese sulla media della stagione.
Disutrizione nella piccola Carriacou, reti elettriche fuori uso a Grenada
Beryl è stato il primo uragano di categoria 4 ad essere mai registrato nel mese di giugno. In pochissimo tempo, all’incirca 42 ore, le rilevazioni del servizio oceanografico e metereologico statunitense sono passate dal classificarlo a depressione tropicale a grande uragano. Nella storia delle rilevazioni una crescita di simili proporzioni in così poco tempo era stata documentata solo sei volte, ma mai così in anticipo. Beryl è stato anche l’uragano atlantico di categoria 4 più precoce mai registrato, battendo l’uragano Dennis, che era diventato una tempesta di categoria 4 l’8 luglio del 2005.
Lunedì Beryl ha colpito le terre dei Caraibi sudorientali con venti che hanno superato i 240 chilometri orari. Ha raggiunto l’isola di Carriacou, nel mar dei Caraibi, come uragano di livello 4, provocando danni ingenti alle poche strutture della zona. Si è poi riversato sulle strade dell’isola di St. Lucia e Grenada, in cui galleggiavano scarpe, alberi sradicati e le linee elettriche risultavano fuori uso. Qui il primo ministro Dickon Mitchell ha affermato che una persona è morta, ma è ancora impossibile stimare realmente i danni e le vittime dell’accaduto accompagnato da funzionari ed esperti, per valutare in prima persona la situazione. Secondo le informazioni diffuse dal Public Broadcasting Service statunitense, la tempesta ha spezzato in due i banani e ucciso le mucche che giacevano nei pascoli. Le case di lamiera nelle vicinanze sono state completamente divelte.
Poco dopo è stata diffusa comunicazione che Beryl si trovava a circa 205 chilometri a nordovest di Grenada e si stava muovendo verso ovest-nordovest a 21 33 chilometri orari, con possibili condizioni di uragano mercoledì in Giamaica. Nel frattempo, il National Hurricane Center ha comunicato che l’urgano si era ulteriormente rafforzato: “Beryl è ora un uragano di categoria 5 potenzialmente catastrofico: sono probabili fluttuazioni di intensità, ma si prevede che sarà ancora vicino a tale grande intensità” quando oggi (martedì) si sposterà verso la Giamaica, si legge in un comunicato dell’ente.
Le allerte diramate dalla autorità hanno coinvolto la Giamaica, Grenada, Santa Lucia, Martinica, San Vincenzo e Grenadina, l’intera costa meridionale di Haiti e la costa meridionale della Repubblica Dominicana: “Si prevede che Beryl rimanga un grande uragano estremamente pericoloso mentre si sposta sui Caraibi orientali”, ha affermato il National Hurricane Center.
Il ruolo della Niña in una stagione degli uragani insolita
In primavera la Noaa aveva previsto che la stagione degli uragani di quest’anno sarebbe stata più intensa della media per via delle condizioni meteorologiche. Le stime parlavano di 17 – 25 tempeste tropicali nel 2024, di cui 8 – 13 uragani. “In media si registrano 14 tempeste tropicali in un anno nell’Atlantico. Nel 2020, in occasione dell’ultima Niña, c’erano state 30 tempeste tropicali e 14 uragani”, si legge dal Post.
La Niña, fenomeno meteorologico che insieme al Niño fa parte dell’ “El Niño-Oscillazione Meridionale” o Enso un fenomeno determinato dalle variazioni di temperatura nell’oceano e di pressione nell’atmosfera. La Niña ha come effetto il raffreddamento delle acque e l’arrivo di precipitazioni molto abbondanti in paesi come il soprattutto nel sudest asiatico e in Australia, oltra a un irrigidimento delle temperature in molte aree del globo. Un altro effetto è l’indebolimento dei venti sull’Atlantico tropicale, e un aumento della possibilità che si verifichino tempeste tropicali più intense.
La stagione anticipata degli uragani nell’oceano Atlantico
Normalmente la stagione degli uragani nell’oceano Atlantico occidentale va da inizio giugno a fine novembre. Dal 1966, ossia da quando disponiamo di dati satellitari accurati, il primo uragano della stagione si è formato in media intorno al 26 luglio. Di solito i primi uragani della stagione non raggiungono categorie così elevate: finora il più precoce uragano di categoria 4 che fosse stato registrato era stato l’uragano Dennis, l’8 luglio 2005, e anche quelli di categoria 3 sono sempre stati molto rari a giugno. Le tempeste di maggiore intensità nell’Atlantico settentrionale si verificano ad agosto, approfittando di acque superficiali più clade. L’evaporazione dell’acqua dovuta alle temperature è fondamentale perché è grazie a quella che si formano le nubi che poi alimenteranno le tempeste vere e proprie.
I mesi che precedono quelli più caldi fungerebbero, dunque, da preparazione alla stagione degli uragani vera e propria. Questo calendario è stato però completamente sovvertito da Beryl, che ha dimostrato come il riscaldamento globale e delle superfici degli oceani stia impattando concretamente sugli equilibri naturali e sui cicli del clima.
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