La U.S. Federal Energy Regulatory Commission ha dato il via libera alla più grande opera di smantellamento di dighe al mondo, dopo decenni di battaglie dei nativi americani.
La costruzione delle dighe nel secolo scorso ha bloccato la risalita dei salmoni dall’Oceano e messo in crisi la loro riproduzione.
L’ecosistema locale e l’economia di sussistenza basata sulla pesca delle tribù locali di nativi americani ne hanno risentito.
Ora la U.S. Federal Energy Regulatory Commission ha ordinato l’abbattimento delle dighe e il fiume Klamath tornerà a flusso libero.
Quattro dighe sul fiume Klamath, negli Stati Uniti, saranno demolite per salvaguardare la vita dei salmoni e tutelare le tribù locali di nativi americani. Nei giorni scorsi è arrivato il via libera da parte della U.S. Federal Energy Regulatory Commission, che ha accolto una causa portata avanti da lungo tempo dai nativi americani che abitano l’area tra la California e l’Oregon.
Si tratterà della più grande opera di smantellamento di dighe al mondo e farà sì che il fiume Klamath, oggi spezzato a metà, tornerà a essere a flusso libero.
La guerra dell’acqua sul fiume Klamath
Il fiume Klamath è il secondo corso d’acqua più grande della California ma nasce sulle montagne dell’Oregon. Fino a un secolo fa era il terzo fiume più popolato di salmoni della West coast americana, poi la costruzione di diverse dighe prima degli anni Sessanta e in parallelo gli effetti dei cambiamenti climatici hanno messo in crisi la riproduzione della specie e la sua risalita verso le montagne deall’oceano.
Da decenni attivisti ambientali e nativi americani che popolano l’area dove il fiume Klamath lascia l’Oregon per entrare in California combattono perché venga ordinata la demolizione delle dighe. Da una parte c’è un discorso di salvaguardia dei salmoni, il cui numero è ormai il 5 per cento circa di quello di un tempo, dall’altra la necessità di restituire ai popoli indigeni una loro forma di sussistenza alimentare tradizionale nell’area.
Un tempo i popoli originari della tribù Klamath avevano pieno controllo dell’area e del suo ecosistema, poi all’inizio del Novecento per favorire l’arrivo dei coloni bianchi le istituzioni hanno affidato loro terreni, costruito dighe per il fabbisogno energetico e modificato il corso del fiume. A rimetterci sono stati proprio i nativi americani, che nel corso del tempo hanno fatto sentire sempre più la loro voce, in quella che si è contraddistinta come una vera e propria guerra dell’acqua.
Quando con l’arrivo del nuovo millennio è risultato sempre più evidente che l’ecosistema del fiume Klamath era in pericolo, anche a cause di siccità sempre più frequenti, il governo ha dato ascolto alle rivendicazioni dei nativi e interrotto temporaneamente la fornitura di acqua fluviale agli agricoltori, che in risposta si sono contraddistinti per attacchi razzisti e atti discriminatori contro membri della tribù. Pochi mesi dopo il governo ha fatto dietrofront. Ma quello scontro ha portato a un’alleanza apparentemente improbabile tra attivisti ambientali, tribù native e agricoltori più moderati per l’elaborazione di un piano condiviso di accesso all’acqua e di tutela dell’ecosistema. Nel 2009 venne raggiunto un accordo che tra le altre cose prevedeva la demolizione delle quattro dighe sul fiume Klamath, ma il mancato finanziamento dell’operazione da parte dei repubblicani aveva fatto sembrare che il progetto fosse naufragato. Ora però è arrivata la svolta.
La vittoria dei nativi americani
La U.S. Federal Energy Regulatory Commission ha dato l’approvazione alla demolizione delle quattro dighe sul fiume Klamath, per quella che sarà la più grande impresa di rimozione di dighe nella storia degli Stati Uniti.
La società che gestisce le dighe, PacifiCorp, avrebbe dovuto spendere molti soldi per la tutela dei pesci e dell’ecosistema e dal momento che le dighe spesso funzionano quasi sempre a capacità ridotta, la loro demolizione è risultata essere la scelta più conveniente per tutti. La società contribuirà con 200 milioni di dollari all’operazione. Come ha sottolineato Souers Kober, portavoce dell’organizzazione American Rivers, ci troviamo davanti al più grande piano di salvaguardia dei salmoni a livello mondiale e a beneficiarne saranno quasi 500 chilometri di corso fluviale. La diga più piccola dovrebbe essere abbattuta già nei prossimi mesi, mentre la conclusione delle operazioni per le altre infrastrutture più grandi è prevista entro il 2024.
La sentenza è stata seguita da membri della tribù nativa locale da un piccolo bar sul fiume dotato di segnale satellitare e nel momento in cui è stata ufficializzata la pronuncia è esplosa la gioia per la vittoria di una battaglia che va avanti da decenni. “I salmoni del Klamath tornano a casa”, ha esultato un membro della tribù Yurok. I proprietari delle case nei pressi del fiume e alcuni agricoltori hanno invece contestato la decisione, sottolineando che avrà un costo diretto sulle spese dei contribuenti.
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