Dopo un mese di razionamenti, sono stati completati i lavori per la condotta provvisoria che porterà l’acqua dal fiume alla diga di Camastra, ma c’è preoccupazione per i livelli di inquinamento.
Dove c’è petrolio, ci sono gli incidenti. Negli Usa sono stati 137 in un anno
La Noaa fa il censimento di tutte le fuoriuscite di petrolio che si sono verificate negli Usa lo scorso anno: il totale è di 137, di cui una grave.
Quando si parla di incidenti legati al petrolio, è impossibile non richiamare alla mente il disastro del 2010 nel golfo del Messico. Era inizio maggio quando un’esplosione nella piattaforma Deepwater Horizon, sotto contratto con l’inglese British Petroleum, costò la vita a 11 persone. Bp e le forze inviate dal governo statunitense impiegarono 87 giorni per sigillare la falla del pozzo: 87 giorni in cui la piattaforma riversò petrolio in mare senza sosta. Catastrofiche le conseguenze della marea nera sull’ecosistema, sull’economia locale basata sulla pesca, sulla salute degli abitanti e perfino sulla catena alimentare. Questo episodio non ha pari per gravità, ma purtroppo non va ritenuto come un caso del tutto isolato. Finché si continuerà a fare affidamento su una fonte di energia sporca come il petrolio, si dovrà fare i conti con i grandi e piccoli incidenti che ne derivano. Solo negli Stati Uniti, nel 2018, le fuoriuscite di greggio sono state 137; la media è di una ogni due giorni e mezzo. Lo dicono i dati ufficiali della Noaa, l’Agenzia americana per gli oceani e l’atmosfera, che ResourceWatch ha trasformato in una mappa.
La mappa delle fuoriuscite di petrolio negli Usa
Le fuoriuscite di petrolio possono accadere onshore, cioè a terra, oppure offshore, in mare aperto come quella della Deepwater Horizon. La Noaa ha registrato tutti i casi di cui è venuta a conoscenza nel 2018, in modo diretto e indiretto. Per 65 di essi, ha fatto una stima della più alta quantità di greggio potenzialmente rilasciata nell’ecosistema, che variava da un minimo di appena 113 litri a un massimo di 7,9 milioni di litri. Sulla base della classificazione dell’Itopf (Federazione internazionale dei proprietari di petroliere sull’inquinamento), in dodici mesi c’è stato un episodio di grandi dimensioni e altri 25 di medie dimensioni.
Dove si sono verificati gli incidenti più gravi
Com’è facile immaginare, gli stati più flagellati sono quelli che vedono un’economia ancora strutturalmente legata al petrolio: Louisiana (53 episodi), Texas (13) e Alaska (10). Il più grave però si è verificato nel Winsconsin, per la precisione nella città di Superior, che si affaccia sull’omonimo lago. Era il 26 aprile quando in una raffineria è risuonato un boato assordante: era un’esplosione, che ha mandato in ospedale 11 persone e ha permesso la fuoriuscita di un volume di greggio sufficiente a riempire 35mila vasche da bagno, sottolinea la Noaa.
Mille barili di acque oleose invece sono finiti nel Theodor Ship Channel, in Alabama, il 12 febbraio. In Louisiana l’incidente più grave è successo in mare ed è stato scoperto il 1° dicembre, quando la guardia costiera ha segnalato fanghi a base di petrolio sul fondale; secondo la Noaa, in quel caso sono stati riversati fino a 321mila litri di greggio. Non sono state risparmiate nemmeno le isole Samoa Americane, nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico. Il 5 dicembre un peschereccio commerciale, che trasportava almeno 340mila litri di diesel e oltre mille litri di benzina, ha preso fuoco nei pressi dell’isola di Pago Pago per poi affondare.
Foto in apertura © Justin Sullivan/Getty Images
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