“E comunque, non ci saranno più trivellazioni nei territori federali, punto”. Era il mese di febbraio 2020 e Joe Biden, all’epoca nel pieno della campagna elettorale, arringava così il pubblico durante un comizio nel New Hampshire. Sono passati più di due anni, Biden è presidente degli Stati Uniti e la guerra in Ucraina, scoppiata a
“E comunque, non ci saranno più trivellazioni nei territori federali, punto”. Era il mese di febbraio 2020 e Joe Biden, all’epoca nel pieno della campagna elettorale, arringava così il pubblico durante un comizio nel New Hampshire. Sono passati più di due anni, Biden è presidente degli Stati Uniti e la guerra in Ucraina, scoppiata a fine febbraio, ha mandato in crisi il mercato internazionale dell’energia. A tal punto da convincerlo a tornare sui suoi passi, annunciando il rilascio di nuove concessioni per l’estrazione di gas e petrolio. A fronte, tuttavia, di royalties più alte da corrispondere all’amministrazione.
Si trivellerà su altri 582 kmq di territori federali
L’Ufficio per la gestione del territorio (Bureau of land management, Blm) ha passato in rassegna 646 siti che erano stati presi in considerazione per l’estrazione di gas e petrolio prima dello stop imposto da Biden. Dopo aver condotto le verifiche ambientali e aver consultato la comunità locale (inclusi i popoli indigeni), ha deciso di dare il via libera alle trivelle in 173 siti collocati in Alabama, Colorado, Montana, Nevada, Nuovo Messico, Nord Dakota, Oklahoma, Utah e Wyoming. Tutti su territori pubblici. La loro estensione complessiva è pari a 582 chilometri quadrati, l’80 per cento in meno rispetto a quanto ipotizzato in precedenza.
Alzate le royalties per le compagnie petrolifere
Per aggiudicarsi le concessioni, tuttavia, le compagnie petrolifere dovranno sborsare all’amministrazione federale il 18,75 per cento del loro fatturato, contro il 12,5 per cento accordato in precedenza. Si tratta di una novità rilevante, perché le royalties non venivano toccate da oltre un secolo. A spingere in questa direzione è un report pubblicato a novembre 2021 dal ministero dell’Interno, da cui emerge un mancato incasso di 11,5 miliardi di euro solo tra il 2010 e il 2019.
Così facendo, sottolinea il New York Times, Joe Biden cerca di mantenersi in equilibrio tra la necessità di aumentare l’approvvigionamento di energia (e quindi di abbassarne i prezzi) e quella di tenere fede al suo piano per il clima, il più ambizioso mai presentato da qualsiasi presidente nella storia degli Stati Uniti.
BREAKING: Biden just violated his campaign promise and climate pledges by reopening our public lands to new oil & gas leasing.
His admin approved more drilling permits last year than Trump did in his first year…https://t.co/q7bOijmDbj
— Friends of the Earth (Action) (@foe_us) April 15, 2022
Gas e petrolio, Joe Biden torna sui suoi passi
Si tratta comunque di un cambiamento di rotta che non è passato inosservato. “Attualmente l’estrazione di combustibili fossili su terre e acque pubbliche costituisce un quarto delle nostre emissioni di gas serra, mentre gli scienziati affermano che dobbiamo agire urgentemente per ridurre le emissioni almeno della metà”, commenta Dan Ritzman della ong Sierra Club. “Questo non solo devasta il nostro pianeta, ma è anche un’elemosina ai colossi petroliferi. A farne le spese sono gli americani medi che dovranno pagarne le conseguenze in termini sociali, sanitari e finanziari”.
Oltretutto, non è la prima volta. Già nel 2021 Joe Biden l’amministrazione a stelle e strisce era stata costretta ad assegnare alle compagnie petrolifere 32mila chilometri quadrati, nel golfo del Messico e sulla terraferma. In tal caso però non era stata una libera scelta, bensì una disposizione del tribunale.
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