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Trump riduce di migliaia di chilometri quadrati l’estensione di due monumenti nazionali
Il presidente degli Stati Uniti ha effettuato la più grande riduzione della superficie di aree protette della storia degli Usa.
La politica del presidente degli Stati Uniti Donald Trump in materia di ambiente è ormai chiara, d’altronde per uno convinto che il “riscaldamento globale è stato creato dai e per i cinesi, per rendere non competitiva l’industria americana” e che ha deciso l’uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, la conservazione della natura deve essere l’ultimo dei pensieri. Ieri è arrivata l’ennesima conferma di questa tendenza, Trump ha infatti deciso di ridurre di circa 8mila chilometri quadrati l’area di due monumenti nazionali nello Utah, danneggiando enormemente l’ambiente, la fauna e le popolazioni locali.
Un taglio da record
Mai nella storia degli Stati Uniti si era verificata una simile riduzione della superficie di territorio protetto. Le due aree protette mutilate sono il Bears Ears National Monument, istituito appena un anno fa dall’ex presidente Barack Obama per “proteggerne l’eredità culturale e ad assicurare alle prossime generazioni la possibilità di apprezzarne panorami e storia”, e il Grand Staircase. I due monumenti nazionali, aree protette che a differenza dei parchi nazionali possono essere istituiti dal presidente senza bisogno dell’approvazione del Congresso, sono stati ridotti rispettivamente dell’85 e del 50 per cento circa.
Meno parchi, più miniere
Che interesse ha Trump a ridurre due aree protette costituite da canyon meravigliosi e picchi frastagliati, caratterizzate da antichissimi siti archeologici e dalla presenza di tracce di dinosauri, pitture rupestri e antichi manufatti? Lo sfruttamento delle risorse minerarie e degli idrocarburi, chiaramente. Lo status di area protetta impediva infatti l’istituzione di nuove miniere, cosa non molto gradita ai repubblicani locali. Proprio su questo ha fatto leva il presidente Usa, “alcune persone credono che le risorse naturali dello Utah debbano essere controllate a distanza da una manciata di burocrati a Washington. Sapete che c’è? Hanno torto”, ha dichiarato.
I nativi chiedono giustizia
Il provvedimento è stato invece accolto con rabbia e sconforto dai nativi americani dello Utah che considerano sacre e ricche di valore spirituale e simbolico le terre del Bears Ears National Monument. Cinque tribù, Navajo, Hopi, Pueblo di Zuni, Monte Ute e indiani Ute, hanno deciso di intentare una causa contro l’amministrazione Trump. “È un giorno triste per gli indiani”, ha commentato Jonathan Nez, vice presidente della Navajo Nation. Anche il Natural Resources Defense Council, il Center for Biological Diversity e il Sierra Club, con il supporto di numerose organizzazioni ambientaliste, hanno citato in giudizio il presidente statunitense.
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