Le utenze di luce, gas e telefonia hanno il loro peso nella contabilità familiare; figuriamoci allora quanto possono incidere per un’azienda o una pubblica amministrazione che conta più sedi dislocate nel territorio. Oltre alle considerazioni di carattere economico, entrano in gioco anche quelle di carattere etico: c’è sempre maggiore consapevolezza sul fatto che le fonti rinnovabili siano la scelta più virtuosa per il Pianeta e per le nostre tasche. Difficilmente, però, un cittadino o un’impresa hanno a disposizione le competenze per scandagliare le varie opzioni disponibili sul mercato e scegliere con consapevolezza. Ecco quindi che entra in gioco l’utility manager, una figura professionale che da pochissimo in Italia è certificata. Ce ne parla Federico Bevilacqua, presidente di Assium, Associazione italiana utility manager.
Come nasce la figura dell’utility manager? Nasce dall’esigenza di fornire al cliente, che può essere il consumatore domestico o l’azienda, una figura oggettivamente riconosciuta come professionista in questo settore. Per fare un paragone, prima del Duemila chiunque poteva vendere prodotti finanziari o polizze assicurative; ora bisogna essere iscritti a un albo, seguire un corso, far parte di un’associazione di categoria, avere un’assicurazione Rc professionale e così via.
Visto che il mercato dell’energia e della telefonia è giovane, non è stato subito istituito un albo. Sono nate le varie compagnie e gli agenti di commercio hanno iniziato a proporre i loro servizi al cliente. Purtroppo molte aziende hanno badato poco alla formazione della propria rete vendita, puntando tutto sulla capacità di vendere e lasciando in secondo piano la preparazione tecnica. È per questo che la reputazione di chi opera in questo settore è ormai sottoterra. Esistono persone e aziende serie, ma i clienti non hanno la possibilità di distinguerle e quindi si mettono comunque in guardia.
Esiste una norma Uni che definisce il profilo dell’utility manager, giusto? Questo risultato prende il via da una sorta di provocazione che ho rivolto all’Uni: è possibile che in Italia, dove tutti hanno luce, gas e telefono, non esista una figura professionale riconosciuta che segua un percorso di formazione, consegua una certificazione a seguito di un esame e sia iscritta a un’associazione di categoria, tutto questo a tutela dei consumatori? Questa proposta è stata accettata nel 2018, abbiamo creato un tavolo di lavoro e abbiamo scritto insieme all’Uni la norma Uni 11782. Quest’ultima identifica 41 conoscenze, 42 abilità e 15 competenze che l’utility manager deve possedere e, soprattutto, chiarisce il percorso che deve seguire.
Cosa prevede questo percorso? Bisogna seguire un corso di formazione di almeno 24 ore su temi afferenti all’energia e alla telefonia, maturare almeno due anni di esperienza nel settore e superare un esame con un ente di certificazione preposto. Un po’ come l’avvocato che si laurea, svolge il praticantato e poi accede all’esame. Superati questi passaggi, la persona si è certificata come utility manager e viene inserita nell’apposito registro di Accredia, alla pari dell’agente immobiliare o dell’amministratore di condominio.
Questo percorso è rivolto non solo a chi opera già nel settore ma anche alle nuove leve che iniziano da zero e vedono di fronte a sé un’opportunità professionale seria. Oggi capita spesso che si vendano contratti di luce e gas come secondo lavoro, in attesa di trovare qualcosa di meglio. Se una persona invece investe soldi e tempo per studiare, ci si può aspettare che esegua il suo compito con un maggiore senso di responsabilità.
L’utility manager lavora per il provider di energia o telefonia o per il cliente finale? La certificazione attesta che il professionista abbia le conoscenze, le abilità e le competenze adatte per operare nel settore, ma non specifica il modello di business. Tra gli utility manager ci sono agenti di commercio delle società di luce, gas e telefonia, così come dipendenti che vogliono gestire le utenze dell’azienda per cui lavorano, oppure broker indipendenti, o impiegati della pubblica amministrazione intenzionati a monitorare i costi.
In questo momento quanti sono gli utility manager in Italia e quale modello di business hanno scelto? La norma è stata pubblicata il 16 aprile 2020, un periodo particolare perché era nel pieno dell’emergenza sanitaria. Nonostante ciò, l’anno scorso quasi un centinaio di professionisti si sono iscritti ai corsi e si sono certificati. Da gennaio 2021 siamo già a quota 80 iscrizioni. In questa prima fase si tratta principalmente di persone del settore che vedono la certificazione come un modo per distinguersi dalla massa. Ma ci sono anche responsabili acquisti, energy manager, insomma, persone che arrivano da altri mondi; una quota che col tempo è destinata ad aumentare.
Qual è il valore aggiunto dell’utility manager anche in un’ottica di sostenibilità? L’utility manager ha un ruolo determinante perché consiglia il cliente (domestico o aziendale) rispetto alle scelte da fare in materia energetica. La sostenibilità non può essere imposta ma sicuramente è un tema che dovrebbe toccare.
Quali sono le analogie e differenze tra utility manager ed energy manager? La norma sull’utility manager è stata scritta in modo complementare a quella sull’energy manager, con riferimenti incrociati, per non creare sovrapposizioni. In sostanza, l’energy manager si occupa di efficientamento energetico, mentre l’utility manager gestisce contratti, prezzi e fatture.
Oltre a essere presidente di Assium, lei è anche fondatore di Fbc Italia. Di cosa si tratta? Fbc Italia è una società che dal 2012 supporta le imprese nella negoziazione dei contratti di energia e telefonia, nella verifica delle fatture e nell’assistenza. Non vende quindi i contratti di fornitura, ma servizi di consulenza in outsourcing svolti esclusivamente da utility manager certificati.
Cosa propone Fbc Italia ai clienti più sensibili ai temi sociali e ambientali? Un progetto molto significativo per le utenze domestiche è il portale Dona la tua energia, con cui l’utente compara le tariffe offerte da fornitori di energia da fonti rinnovabili. Quando sceglie di cambiare, il suo nuovo fornitore fa una donazione a una onlus scelta dall’utente stesso, sempre tramite la piattaforma. Non a caso, il motto è: “Per te, per gli altri, per il Pianeta”. Fbc Italia inoltre ha aderito a Impatto Zero – l’iniziativa di LifeGate che calcola, riduce e compensa le emissioni di CO2 generate da eventi, prodotti e aziende – e lo propone ai suoi clienti. Così facendo, oltre a offrire un servizio di utility management, diffonde la cultura della sostenibilità.
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