L’annuncio dell’apertura del valico di Rafah resta tale, mentre nella Striscia di Gaza manca tutto. Anzi, mancano “24 ore alla catastrofe” secondo l’Oms.
- Nonostante gli annunci, il valico di Rafah che collega la Striscia di Gaza all’Egitto è rimasto chiuso.
- Le forniture di acqua potabile alla popolazione non sono riprese.
- Almeno 600mila palestinesi hanno lasciato le proprie case nel nord della Striscia e a Gaza City.
- Per l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) acqua, medicine e carburante stanno per finire: “Tra 24 ore è la catastrofe”.
L’Organizzazione mondiale per la Sanità non ha usato mezzi termini: nella Striscia di Gaza manca tutto, dall’acqua al cibo, dai medicinali alla benzina. E soprattutto “mancano 24 ore alla catastrofe”. Sono ormai almeno 600mila (addirittura un milione secondo la stima di Al Jazeera) i palestinesi che hanno abbandonato le loro case nel nord della Striscia e a Gaza City negli ultimi giorni, seguendo le istruzioni giunte da Israele venerdì scorso, a una settimana dagli attentati perpetrati dai militanti estremisti di Hamas in Israele. Intanto, il valico di Rafah, a sud della Striscia di Gaza, rimane chiuso e la gente è intrappolata nella Striscia senza più beni di prima necessità.
Un fiume di gente ha attraversato il Wadi Gaza con ogni mezzo pur di mettersi al riparo dai bombardamenti e dal possibile attacco via terra: Israele continua a sganciare ordigni dal cielo (oltre 6mila le bombe lanciate finora, con una potenza totale calcolata in un quarto di quello che sprigionerebbe una sola bomba nucleare). L’atteso attacco terrestre, però, non è ancora cominciato: un po’ per il timore che un’invasione comporterebbe l’immediata uccisione degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas, che proprio oggi ne ha assicurato il rilascio “se Israele fermerà l’assedio a Gaza”, un po’ per le trattative e le pressioni in corso da parte della comunità internazionale. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha avvertito che l’occupazione israeliana di Gaza sarebbe un “grave errore” e ribadito, al contempo, che Hamas non rappresenta la popolazione palestinese. E se per l’Oms mancano 24 ore alla catastrofe nonostante il vero attacco massiccio non sia ancora partito, la situazione è tragica.
Il giallo del valico di Rafah e dell’acqua promessa e mai arrivata
Dopo una domenica di silenzio assordante, la nuova settimana si era aperta con due annunci importanti che sembravano andare nella giusta direzione, ma che sono rimasti solo sulla carta.
Il primo riguardava l’annuncio, effettuato dal segretario di Stato americano, Anthony Blinken, dell’apertura del valico di Rafah per consentire il transito di stranieri e palestinesi con doppio passaporto dalla Striscia di Gaza e l’ingresso di beni di primo conforto, come acqua, cibo e carburante. Poi la frenata dovuta probabilmente al “no” dei ministri israeliani del partito Likud e alla preoccupazione delle autorità egiziane di un arrivo di un flusso incontrollato di palestinesi. Il ministro dell’Energia Israel Katz ha detto di essere contrario “all’apertura del valico e all’introduzione di merci a Gaza per motivi umanitari” perché “il nostro impegno è rivolto alle famiglie degli ostaggi assassinati e rapiti, non agli assassini di Hamas e a coloro che li hanno aiutati”. E addirittura, in serata, una bomba lanciata proprio da Israele ha colpito il valico: per fortuna al momento non si registrano vittime o feriti.
Anche il ministro della Cultura Miki Zohar si è opposto: “Coloro che massacrano bambini, stuprano donne e rapiscono neonati non meritano alcuna pietà”. L’effetto è stato quello di far ammassare migliaia di persone da un lato del confine, e tonnellate di aiuti dall’altro.
Il secondo annuncio era arrivato ancora una volta dal ministro dell’Energia israeliano che ha dichiarato che il presidente israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden avevano convenuto che fosse il caso di riprendere con le forniture d’acqua potabile alle aree meridionali di Gaza per far fronte alla grave crisi umanitaria dopo dieci giorni di assedio. Da subito però i palestinesi avevano fatto notare che le parole sul ripristino della fornitura d’acqua non fossero altro che una “trovata pubblicitaria” visto che molte tubature sono state danneggiate dai bombardamenti. Inoltre, senza elettricità, le pompe dell’acqua per riempire i serbatoi non funzionano. Quindi, di fatto, neanche le forniture d’acqua sono riprese nel corso della giornata, nonostante la stessa Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione per i rifugiati palestinesi (Unrwa) abbia lanciato un appello in tal senso.
Striscia di Gaza: Russia e Iran criticano gli Stati Uniti
Intanto, funzionari statunitensi e israeliani stanno discutendo la possibilità di una prossima visita in Israele del presidente Biden su invito del primo ministro israeliano Netanyahu, ha detto domenica una fonte vicina alla questione. Una visita di Biden, spiega Reuters, avrebbe lo scopo di dimostrare il sostegno al più grande alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente e farebbe seguito a una visita simile del segretario di Stato americano Antony Blinken, che si trova attualmente nella regione.
Gli Stati Uniti, però, non sono naturalmente gli unici a far sentire la propria voce. Anzi, nel gioco delle accuse incrociate la Russia accusa la Casa Bianca di essere “la principale responsabile” dell’escalation di violenza innescatasi negli ultimi dieci giorni: così almeno secondo il viceministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, che all’agenzia russa Tass avrebbe detto che “gli Stati Uniti per molti anni hanno tentato di monopolizzare la soluzione, ignorando le risoluzioni pertinenti del Consiglio di Sicurezza, e ora impediscono che si trovi una soluzione”.
E per Teheran, addirittura, Washington è non solo moralmente, ma anche “operativamente già di fatto parte del conflitto”. Accusa che al momento non è reciproca: Biden, nel suo tentativo di disinnescare ogni frizione, ha spiegato che al momento “non c’è nessuna evidenza del coinvolgimento dell’Iran” negli attentati dello scorso venerdì.
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