La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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Il governo messicano ha riaperto l’habitat delle vaquita alla pesca. Si teme per la sopravvivenza degli ultimi dieci esemplari rimasti.
Il governo messicano ha deciso di sospendere la protezione dell’habitat delle vaquita (Phocoena sinus) nel mare di Cortez, riaprendo l’area alla pesca e mettendo gli ultimi dieci esemplari al mondo a serio rischio di estinzione.
La vaquita, il cui nome significa “piccola mucca” in spagnolo, è una rara specie di focena endemica del mare di Cortez, nella parte settentrionale del golfo di California, ed è considerata l’animale più minacciato al mondo. La sua esistenza è messa a rischio dalla pesca di totoaba (Totoaba macdonaldi), con cui condivide l’habitat. Questo raro pesce marino è considerato una prelibatezza in Cina, dove la sua vescica natatoria viene venduta anche per migliaia di dollari al chilo e impiegata nella cucina e medicina tradizionale.
La pesca ha portato a una diminuzione così preoccupante del numero di esemplari di vaquita, che nel 2017 il governo messicano ha deciso di proibirla in tutta l’area e istituire una zona di “zero tolleranza”, vietando l’uso delle reti. La vaquita, infatti, non ha un particolare valore commerciale, ma è vittima delle cosiddette catture accidentali, rimane cioè imprigionata all’interno delle reti usate per pescare i totoaba.
Tuttavia, questi tentativi di proteggere la specie non sono stati sufficienti dato che le autorità sono di rado riuscite a bloccare le attività illegali. Solo nel 2015 si stimava ci fossero ancora 97 esemplari di vaquita al mondo, ma nel 2019, due anni dopo l’introduzione del divieto, questo numero era già sceso sotto a 20. Uno studio pubblicato quell’anno dalla rivista Royal society open science, inoltre, spiegava come, solo dal 2011 (anno di inizio del loro monitoraggio), la popolazione di vaquita si fosse ridotta del 99 per cento.
Oggi si pensa che sopravvivano meno di dieci esemplari e, secondo gli esperti, la decisione di sollevare anche quest’ultima, minima, protezione dalla zona, condannerebbe la specie all’estinzione. Infatti, l’area di “zero tolleranza” è stata rimpiazzata da una serie di sanzioni, applicabili solo se vengono identificate più di 60 imbarcazioni nella zona dove vivono le vaquita.
È come andare dai pescatori illegali e dai trafficanti di totoaba e dire: “Ecco, tieni, fai quello che vuoi”
“Questo è l’epilogo di uno dei più grandi fallimenti di tutti i tempi nel campo della conservazione”, ha spiegato Andrea Crosta, fondatore della Earth league international, la prima agenzia di intelligence per il pianeta. “Il governo messicano, americano e le grosse ong hanno speso oltre 100 milioni di dollari in una dozzina d’anni, con zero risultati”.
Secondo Crosta, la ragione principale di questo fallimento è da ricondursi all’approccio utilizzato. “Oltre a indifferenza e incompetenza, il problema è aver considerato questa cosa come un problema solo di conservazione, e non anche un serissimo problema di crimine internazionale legato ai trafficanti di totoaba. Quando ti concentri e spendi soldi solo su attività di anti-bracconaggio e rimozione di reti illegali, tralasciando completamente le attività di investigazione, intelligence e polizia sui grossi trafficanti, in questo caso trafficanti di totoaba, che sono il vero motore di questa tragedia, il fallimento è assicurato”.
Il numero di esemplari ancora in vita è stato confermato da alcuni rilevamenti acustici che hanno registrato le vocalizzazioni degli animali, ma ci si chiede per quanto, ancora, sarà possibile sentirli.
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