Che la città di Venezia rappresenti una delle “frontiere” dei cambiamenti climatici è noto. Il capoluogo veneto, infatti, è già soggetto notoriamente ad episodi di sommersi dovuti all’acqua alta: per questo, ha più riprese, è stato sottolineato il fatto che l’innalzamento del livello dei mari provocato dalla fusione delle calotte polari e dei ghiacciai alpini rappresenta una minaccia diretta per l’intero centro abitato, per i suoi residenti e per l’inestimabile patrimonio culturale e artistico che ospita.
La crescita del livello del Mediterraneo sta già provocando effetti
Uno studio curato da un gruppo di ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) ha analizzato in particolare la crescita del livello del Mediterraneo, sottolineando come esso stia già avendo “effetti sulle pianure costiere basse, i delta fluviali, le lagune e le aree di bonifica”. L’analisi, per quanto riguarda Venezia “mette in evidenza gli impatti attuali e futuri dei cambiamenti climatici e della subsidenza e l’importanza che riveste la consapevolezza degli stakeholder locali per affrontare la sfida dell’innalzamento del livello marino e degli eventi meteorologici estremi”, si legge in un comunicato dello stesso Ingv.
#MEDITERRANEO Il caso di #Venezia e la consapevolezza della popolazione nell’aumento del livello del mare e degli eventi estremi.
— Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (@INGV_press) June 17, 2024
Secondo Marco Anzidei, principale autore dello studio, “l’aumento del livello marino, in particolare se questo viene accelerato localmente dalla subsidenza, sta causando erosione costiera, arretramento delle spiagge e inondazioni marine sempre più gravi e diffuse con impatti ambientali e socio-economici molto importanti sulle popolazioni costiere”. Il che per Venezia potrebbe assumere contorni catastrofici sul medio-lungo periodo.
Piazza San Marco a Venezia sotto 70 centimetri di mare nel 2150
I ricercatori dell’Ingv hanno infatti preso in considerazione, per calcolare gli impatti sulla città italiana, le proiezioni del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc), secondo le quali “gli effetti dell’innalzamento del livello del mare sono destinati ad aumentare progressivamente entro il 2150 fino a circa 1,5 metri”. Ciò al ritmo di cinque millimetri all’anno. Un fattore giudicato “estremamente critico” per gran parte delle coste, ed in particolare per Venezia, poiché qui il fenomeno sarà amplificato dalla subsidenza, ovvero dallo sprofondamento del suolo per cause naturali e antropiche, che nel caso in questione è dovuto principalmente alla cospicua estrazione delle falde acquifere specie nella zona industriale di Marghera.
Concretamente, tutto ciò significa che la città, nel caso in cui si avverassero gli scenari peggiori, sarebbe parzialmente e irrimediabilmente sommersa. Piazza San Marco, ad esempio, sprofonderebbe di 70 centimetri sotto al livello del mare, e ciò costantemente: non come durante gli episodi di acqua alta, che sono temporanei. Allo stesso modo, buona parte della porzione occidentale del centro abitato si ritroverebbe sommersa.
Si trova lungo le rive del Canal Grande, in Fondamenta Santa Lucia a Venezia, il murales dipinto da Andreco, artista visivo che dal 2015 lavora all’iniziativa Climate, un progetto itinerante ispirato alle ricerche su cause ed effetti dei cambiamenti climatici. Parallelamente al dottorato in ingegneria per l’ambiente e il territorio, che l’ha portato a collaborare
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.