Più della metà della plastica monouso del mondo intero, nel 2019, è stata prodotta da sole venti aziende. A rivelarlo è il nuovo rapporto The plastic waste makers index della fondazione australiana Minderoo, che per la prima volta ha individuato i principali responsabili della crisi climatica e della catastrofe ambientale. E se venti produttori di polimeri nel mondo sono responsabili del 55 per cento di tutti i rifiuti di plastica monouso generati globalmente, guardando alle prime cento imprese il numero sale al 90 per cento.
Cosa dice il rapporto sulla plastica monouso nel mondo
Secondo lo studio, oltre la metà dei 130 milioni di rifiuti di plastica monouso gettati via nel 2019 sono stati prodotti da appena venti aziende, tra cui vi sono sia società statali che multinazionali, compresi i giganti del petrolio e del gas e le società chimiche. Ma c’è di più: nel rapporto vengono fatti i nomi di tutte le imprese che producono i polimeri che diventano poi comuni oggetti di plastica usa e getta, dalle mascherine contro il coronavirus ai sacchetti, alle bottiglie. Oggetti di uso quotidiano, usati per pochissimo tempo, ma disastrosi per l’ambiente se non riciclati o smaltiti in modo corretto. Ancor più quando vengono bruciati, talvolta illegalmente in Asia o in Turchia.
REVEALED: just 20 companies – supported by a small group of financial backers – are responsible for producing over 50% of the world's single-use #plastic waste.
A guidare la classifica dei paesi che generano il maggior numero di rifiuti di plastica monouso su base pro capite troviamo l’Australia, davanti a Stati Uniti, Corea del Sud e Gran Bretagna. Mentre in cima alla lista delle società c’è ExxonMobil, che è responsabile di 5,9 milioni di tonnellate dei rifiuti plastici di tutto il mondo, seguita da Dow, che ne produce 5,5 milioni – hanno entrambe sede negli Stati Uniti –, seguite dalla cinese Sinopec, con 5,3 milioni di tonnellate. Solo queste tre società insieme producono il 16 per cento dei rifiuti di plastica monouso globali. Delle altre imprese segnalate nel rapporto, undici hanno sede in Asia, quattro in Europa, tre in Nord America, una in America Latina e una in Medio Oriente. Alle spalle della produzione di questi polimeri ci sono venti tra le maggiori banche mondiali, che dal 2011 hanno prestato quasi 30 miliardi di dollari. La classifica è guidata da Barclays, seguita da HSBC e da Bank of America.
Uno sguardo al futuro
I cento maggiori produttori di polimeri continuano tutti a servirsi quasi esclusivamente di materia prima vergine, cioè proveniente direttamente da combustibili fossili, e non dal riciclo di altra plastica. Nel 2019, la produzione di polimeri riciclati dai rifiuti di plastica rappresentava il due per cento del prodotto totale. E le plastiche monouso, proprio perché sono alcuni degli articoli più difficili da riciclare, finiscono per creare montagne di rifiuti in tutto il mondo. Considerate che solo il 10-15 per cento di queste vengono riciclate a livello globale ogni anno. “Nei prossimi cinque anni, la capacità produttiva globale di polimeri da materia prima vergine per plastiche monouso potrebbe crescere di oltre il 30 per cento, e per alcune singole società fino al 400 per cento”, si legge nel rapporto. E quel che è peggio è che entro il 2050 si prevede che la plastica rappresenterà il 5-10 per cento delle emissioni globali di gas serra.
Il 29 ottobre 2018, le raffiche di vento della tempesta Vaia hanno raso al suolo 40 milioni di alberi in Triveneto. Una distruzione a cui si sono aggiunti gli effetti del bostrico, che però hanno trovato una comunità resiliente.