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La Rappresentante di Lista è protagonista del 2011 nel podcast Venticinque
La Rappresentante d Lista è protagonista della decima puntata del podcast Venticinque. Il percorso artistico della band dal 2011 a oggi.
Il loro primo incontro nei teatri occupati palermitani e le sperimentazioni con la musica. Il disco d’esordio stampato in casa e l’incontro “casuale” con l’indie. Dal 2011 fino a Sanremo, è cambiato il mondo per Dario e Veronica. Nel podcast di LifeGate e Rockit raccontano la loro storia artistica di suprema libertà.
Il giorno prima Caorle, per un live accesissimo, il giorno dopo uno shooting, poi una cena e altre tre date del tour. È in uno dei rari momenti di tregua che Venticinque – il podcast prodotto da LifeGate Radio e Rockit, ogni mercoledì su tutte le piattaforme di streaming – passa un pomeriggio con La Rappresentante di Lista, la band protagonista della nuova puntata del podcast scritto da Dario Falcini, Giacomo De Poli e Marco Rip. Va avanti così da quasi due anni ormai, da quando il successo della prima partecipazione a Sanremo ha cambiato la vita di Dario e Veronica. La loro seconda volta all’Ariston le cose sono ulteriormente “peggiorate”: la loro Ciao Ciao è stata una delle canzoni più ascoltate della rassegna, loro sono diventati tra i volti più conosciuti e cercati della canzone italiana.
La Rappresentante di Lista dal 2011 a oggi
L’audiodocumentario racconta questo loro percorso partendo dal 2011, l’anno in cui nasce La Rappresentante, che fin dal nome richiama un preciso momento storico, quello del referendum sull’acqua pubblica e il nucleare, quanto mai attuali. “Un nome sbagliatissimo, orrendo”, ci ridono ora Dario e Veronica, che nella nuova puntata di Venticinque si raccontano in maniera del tutto inedita dalla sede del loro ufficio stampa, in zona viale Monza a Milano. “In quel momento stava nascendo l’indie, abbiamo scoperto che i nostri compagni di etichetta si chiamavano Lo stato sociale: sembrava una barzelletta. Tra l’altro c’erano anche i Ministri, pensa un po’. Forse non ci eravamo ancora presi tanto sul serio in quel momento”.
Poco prima Dario, palermitano, laureato in medicina e convintissimo che non avrebbe esercitato la professione nemmeno per un giorno (aveva ragione), e Veronica, viareggina, si erano conosciuti a teatro, a Palermo. “Stavo frequentando il primo anno di università”, racconta Veronica, “e incontrai casualmente un’amica delle superiori, Eleonora, che aveva iniziato a far teatro in un posto qua in Versilia, che si chiama Seravezza. Andai a una di queste lezioni e persi la testa totalmente. A Lettere, poi, ho frequentato un corso su Emma Dante, e sono altrettanto impazzita per questa regista siciliana, per come operava con il corpo degli attori. La sorella della mia amica, per combinazione, lavorava con lei. Ho fatto domanda e mi hanno preso”. Veronica sentiva che quello era “il luogo giusto per la sua creatività”. Ancora oggi Palermo è la loro città, anche se riescono a passarci poco tempo visti gli impegni incessanti. Dario racconta a Venticinque come la musica, sempre assieme alla recitazione, fosse per lui un richiamo e una passione di sempre, una scintilla che prima o poi doveva fare incendiare. Diverso per Veronica, ma in quel momento qualcosa cambiò anche in lei: “Sentivo la voglia di essere più autrice: avevo delle urgenze, non mi bastava mettere in scena l’idea di qualcun altro, anche se allo stesso tempo volevo imparare tutto quello che potevano trasmettermi i miei maestri”.
Il ruolo di Palermo
Palermo era una città viva, coinvolgente. Conobbero Antonio Dimartino – la cui testimonianza sui loro esordi e sulla scena musicale di quegli anni impreziosisce il podcast – e Fabrizio Cammarata, che li ha aiutati a registrare le loro prime canzoni dentro al teatro Garibaldi occupato. Da lì sarebbe venuto fuori il loro primo disco, che Dario e Veronica portano in giro ai live stampato da casa. Poi la firma con Garrincha dischi, che nel 2014 pubblicò il loro esordio vero e proprio. “Se penso a come nascono i progetti adesso, super strutturati, quella cosa lì sembra preistoria. Anzi, è preistoria”, dice Dario. Quando esplose il “filone” dell’indie, loro furono messi dentro. “Sarà stato per via del nome: Lo stato sociale, L’orso, L’officina della camomilla, La rappresentante di lista. Ma noi non c’entravamo granché, fosse anche per questioni geografiche. A Palermo se facevi quella roba eri uno strambo, non c’era la ‘vezness’ bolognese da noi”. Era un mondo lontanissimo per loro, ma allo stesso tempo esaltante. “Suonare in giro, il primo Mi Ami: era bellissimo”. Il loro racconto arriva a toccare il tema del successo, e le sue controindicazioni. “Mi sento a bordo di un treno, che a me sembra non si sia fermato mai da tre anni, nonostante la pandemia e tutto”, dicono. “È una roba strana stare sulla cresta dell’onda sempre, non ci siamo abituati. Infatti stiamo bene, ma stiamo anche male. Stiamo bale, o mene”. Una cosa è certa: “Sanremo è stata una parentesi, l’anno prossimo non lo faremo e le cose dovranno prendere un altro ritmo”.
A Venticinque LRDL racconta cosa significhi fare musica oggi, essere queer e consapevoli, non farsi usare. “Il ragionamento sul corpo, così come quello sulla fluidità o sulla fine del mondo, è come se avessimo delle antenne per quel che accadrà, effettivamente”, dice Dario. Nel podcast inteviene anche Cosmo, che all’ultimo Sanremo li ha accompagnati nella serata delle cover, con quell’urlo Stop greenwashing che molti ancora ricordano. Non resta che godersi la puntata, a questo punto. Venticinque è su tutte le piattaforme, troverete un ritratto del tutto inedito di una band dai mille colori, dietro cui c’è una storia potentissima di libertà e affermazione di sé.
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