Tra il 2 e il 3 agosto l’asilo in legno della Fattorietta nel parco Piccolomini, è stata avvolta dalle fiamme. L’incendio non ha risparmiato nulla.
“Nera che picchia forte, che butta giù le porte”, cantava Fabrizio De André nel 1995, nella canzone Dolcenera, in ricordo dell’alluvione che ha sommerso Genova negli anni Settanta. Un’acqua inarrestabile, violenta e furiosa come allora ha seminato oggi lutti e danni incalcolabili anche in una regione laboriosa e produttiva come l’Emilia-Romagna.
La conta dei danni, a due settimane dall’alluvione in Emilia-Romagna
“Ho perso le mie vigne. La mia casa si è salvata, sì, ma senza casa puoi stare, senza casa lavori e riprendi la casa, ma senza lavoro? Cosa fai?”. Andrea ha l’acqua fino alle ginocchia, il fango sui vestiti, fa avanti e indietro con fatica, da una fascia all’altra dei suoi vigneti. Appoggia la mano sulle foglie bagnate come a salutarle. “Faccio il vignaiolo da sempre, senza le mie viti non sono niente. Perché tutto ritorni in produzione ci vorranno anni, almeno cinque o sei prima di poter raccogliere nuovamente l’uva”.
Sono passate due settimane dalla spaventosa alluvione che il 16 e il 17 maggio ha colpito l’Emilia-Romagna, che ora appare come una grande e impressionante palude. Il disastro senza precedenti per portata e dimensioni ha fatto registrare cifre impressionanti: a Faenza l’acqua ha superato i 6 metri in altezza, in alcuni casi ha oltrepassato i tetti delle abitazioni. La superficie di territorio del comune di Ravenna che è stata evacuata è pari a 10.873 ettari, circa il 16 per cento dell’intero territorio comunale. Le persone sfollate, per fortuna, iniziano a calare: secondo quanto comunica la regione, sono 23.081. La maggior parte, 16.445, nel ravennate, poi 4.462 in provincia di Forlì-Cesena e 2.174 nel bolognese. C’è poi un ulteriore importante problema sul versante del dissesto idrogeologico, quello delle frane. In Emilia-Romagna ne risultano attive almeno un migliaio, di cui circa 305 le più significative.
Faenza ricoperta di fango
Faenza è ricoperta di fango. Ai bordi delle strade, di fronte alle porte delle abitazioni, sono accatastati mobili, macchine, biciclette, conserve e rifiuti di ogni tipo. “Bon dè, hai bisogno di un aiùt?”, è la frase che più spesso riecheggia tra le vie del centro che, in queste giornate di dolore e solidarietà, sono piene di squadre della Protezione civile e di volontari giunti da tutta Italia. C’è chi arriva con le auto cariche di scorte alimentari o beni di prima necessità; chi si organizza in gruppi per svuotare intere abitazioni; chi, graziato dal disastro, mette a disposizione le proprie stanze, lava abiti e biancheria di amici o vicini più sfortunati, cucina pasti caldi che poi distribuisce.
“Vivo qui da sempre, prima ci abitavano i miei genitori. Non c’è più niente, l’acqua è arrivata fino a sopra la libreria, i miei libri, i dischi, le fotografie. Niente. Tutto distrutto. C’è fango dappertutto”. Piero ha 62 anni, vive al terzo piano di una piccola casa popolare. Sul naso ha occhiali dalla montatura pesante, sulla spalla sinistra un tatuaggio che ritrae un lupo ora ricoperto di fango, addosso una canottiera bianca. Si muove da stanza a stanza nella sua casa dalle pareti gialle, oggi completamente vuote e ricoperte di fango. I suoi mobili sono fuori, all’aria aperta, uno sopra all’altro. “Neanche la cucina si è salvata, l’abbiamo sradicata dalla parete e l’abbiamo buttata dalla finestra”. Abbraccia e ringrazia il gruppo di volontari impegnato a liberargli casa, chiede come può essere anche lui d’aiuto.
“Quando noi siamo arrivati qui non era ancora venuto nessuno”, racconta Giulia, una giovane volontaria giunta da Forlì insieme ad altri 19 ragazzi. “In questo stabile, oltre a Piero, c’erano altre famiglie. Siamo qui da due giorni, abbiamo già svuotato tutto l’edificio, le cantine, i garage. Queste persone ora non hanno niente. È assurdo e terribile”, conclude.
Conselice ancora sott’acqua
Conselice sorge tra le province di Bologna e Ravenna, in un’area un tempo dominata dall’antico percorso del fiume Po. Oggi è completamente sott’acqua. Alcuni dicono somigli a Venezia, non ci sono le gondole però. Solo acqua nera, sporca, puzzolente, dove affiorano carcasse di animali. Le fogne non funzionano e l’acqua è liquame scuro, insidioso.
“Qui vicino a casa nostra c’è un’azienda agricola, i polli sono tutti morti, e ora imputridiscono nell’acqua. Una signora ha segnalato che ci sono addirittura dei gatti morti che galleggiano, le hanno detto di metterli nei sacchi e lei giustamente ha risposto: e poi i sacchi dove li metto, che c’è acqua dappertutto”, racconta Elena, alluvionata a Conselice. Con il marito, Elena “nuota” nell’acqua che ha devastato la sua cantina e il suo garage adibito (da poco prima dell’alluvione) a ufficio. “Ho perso tutto, tutti i documenti, tutto il lavoro di una vita. Ora l’acqua è calata un po’, ma il problema è il danno ambientale: ai miei vicini si è rotta una botte di gasolio, ora galleggia anche il gasolio, c’è veramente una palude. Non so come dire, qui altro che malattie che prendiamo, tra un po’ ci sarà un’emergenza sanitaria”.
Sull’Emilia-Romagna incombe il rischio sanitario
Oggi l’urgenza è proprio quella di scongiurare il rischio sanitario, sempre più incombente a causa della persistenza dei liquami nel territorio. Tetano, epatiti, salmonelle, gastroenteriti, infezioni cutanee possono scatenare gravissime emergenze, oggi difficilmente arginabili.
“Ho dormito sul balcone di casa mia per sei notti con mio marito e i miei due bambini che hanno resistito fuori per quattro notti. Poi li ho fatti portare via dai carabinieri”. Nadia ha i capelli scuri, raccolti in un elastico blu. La sua casa è completamente invasa dall’acqua e dal fango. I mobili galleggiano uno sopra all’altro. I due cagnolini della famiglia fanno i bisogni al piano di sopra. “Il sindaco qualche giorno fa ha dichiarato che la nostra via, via della Zoppa, era asciutta. Abbiamo il mare in casa, qui non c’è niente di asciutto” conclude angosciata Nadia.
Dal comune e dall’azienda sanitaria locale (Ausl) arriva la raccomandazione di non camminare a piedi nudi nell’acqua stagnante e di proteggere la pelle anche con l’utilizzo di guanti e dispositivi di protezione individuale. Con l’invito pressante a una vaccinazione di emergenza aperta a tutti i cittadini. Anche se la situazione in Emilia-Romagna è in graduale miglioramento, a Conselice sono ancora moltissime le abitazioni sott’acqua. Un’ordinanza, emessa il 26 maggio dalla sindaca Paola Pula, obbliga i cittadini residenti in zone allagate a lasciare subito le abitazioni, visto il rischio igienico e sanitario dell’acqua stagnante. Il caldo di giorni peraltro sta facendo proliferare le zanzare, possibili veicoli di ulteriori affezioni, come i virus Chikungunya, Dengue e Zika.
“Recuperiamo le cose che riusciamo a recuperare stando a contatto con fango, benzina e sostanze inquinanti, e questo ci crea una grave preoccupazione”, racconta Ivano Grilli, proprietario di uno storico bar a Sant’Agata sul Santerno, un piccolo comune in provincia di Ravenna. “Quando c’è stata l’alluvione ero qui, dentro al mio bar, e mi sono rifugiato nel piccolo ripostiglio al piano di sopra come da raccomandazione. L’acqua ha spaccato la vetrina, il bancone è saltato via dalla furia. Se non ci fosse stato questo piccolo ripostiglio, sarei morto annegato”.