Francesco Barberini, classe 2007, è oggi tra i più importanti divulgatori scientifici italiani. Con Marco Montemagno parlerà di clima e biodiversità.
Attraverso il rapporto con gli animali è possibile trasformare un carcere in un modello di non-violenza e di libertà? È la domanda che ci siamo posti insieme a Lav, la Lega antivivisezione, quando siamo arrivati sull’isola di Gorgona. Gorgona è l’ultima isola carcere italiana ed è situata a nord dell’arcipelago Toscano. Qui un tempo sorgevano un macello e un caseificio dove lavoravano i detenuti, fino a quando l’associazione è riuscita a chiuderli e ad avviare un programma riabilitativo che ha dato una seconda possibilità a tutti gli ospiti dell’isola.
È contraddittorio prendersi cura degli animali per poi ucciderli
Il progetto di Lav sull’isola di Gorgona si basa su un semplice concetto: è contraddittorio allevare gli animali, prendersene cura, per poi farli uccidere ai detenuti. “Chi è stato recluso in primis per fatti di sangue umani, la vive come un’inutile violenza nei confronti di altri esseri viventi”, ci ha spiegato Gianluca Felicetti, presidente di Lav. Si tratta di un cerchio che si chiude, aggiunge.
Gli animali sono così passati dall’essere condannati allo sfruttamento, ad essere ambasciatori di una vita diversa, aiutando i detenuti a stabilire relazioni e a gestire le proprie emozioni.
“Man mano è aumentato il rispetto per la vita degli altri. Era un concetto sconosciuto”, racconta Carlo Mazzerbo, direttore della casa circondariale di Gorgona e Livorno. “Difendendo i diritti degli ultimi, anche i penultimi avranno un vantaggio. Credo che questo sia qualcosa che in questo posto ci possiamo permettere di portare avanti”.
Il rapporto con gli animali, nelle parole dei detenuti
Dopo la chiusura del macello, alcuni degli animali sono stati trasferiti in santuari e rifugi, mentre i detenuti sono stati inseriti in un percorso riabilitativo basato sulla relazione con gli animali rimasti. Del resto, la prima cosa che si nota appena si arriva sull’isola è proprio questo: la relazione che i detenuti hanno instaurato con gli animali. Ci raccontano di come questi ultimi siano abitudinari e di come questa routine che hanno costruito insieme trasmetta loro serenità. Nelle loro parole c’è complicità, fiducia e affetto.
Alcuni di loro non sapevano come comportarsi all’inizio del periodo di detenzione, ma hanno imparato giorno dopo giorno, aiutandosi a vicenda. “Quando sono arrivato non mi aspettavo questa situazione”, ci dice Alessio, uno dei detenuti, mentre ci confida che i primi giorni non sapeva cosa fare quando si trovava da solo con gli animali. Oggi basta guardarlo mentre ci racconta le abitudini delle capre di cui si prende cura per capire che questo progetto l’ha cambiato. “Grazie all’aiuto di qualche compagno mi ritrovo qui, a lavorare in mezzo agli animali, ed è una cosa che mi piace, mentre prima non sapevo nemmeno da dove cominciare. Oggi [gli animali] mi trasmettono tranquillità e sto bene”, ci dice sorridendo.
Anche Singh, un altro degli ospiti della casa circondariale, dà molta importanza a ciò che è stato fatto sull’isola. Quando gli chiediamo quale sia la cosa che preferisce ci risponde che “qui l’animale è libero. C’è tutta l’isola: loro vanno e pascolano liberi, ma sanno che qui c’è casa. Sanno che la loro casa è qua”.
Uno sguardo al futuro
Il progetto di Lav non finisce qui. L’associazione si è proposta per finanziare dei progetti lavorativi per alcuni dei detenuti che prevedano sempre la cura degli animali, in modo che possano acquisire nuove competenze da usare alla fine del periodo di detenzione.
Mentre lasciavamo l’isola era chiara una cosa: Gorgona è un progetto tanto per gli animali quanto per le persone. Per questo è chiamata l’isola dei diritti.