In occasione dello Youth4Climate abbiamo parlato con i delegati del Brasile e i rappresentanti dei popoli indigeni della lotta per proteggere le loro terre.
“Molti dei miei amici mi hanno chiesto come mi sento. Ad essere onesta, mi sento molto nervosa e allo stesso tempo emozionata”. Sono state le prime parole pronunciate da Vanessa Nakate attivista per il clima, sul palco dello Youth4Climate: driving ambition, l’evento dedicato ai giovani attivisti che si è tenuto a Milano dal 28 al 30 settembre. Questo incontro rappresenta un’occasione per i giovani per far sentire le loro voci, in previsione della pre-Cop e della Cop26, che si terranno rispettivamente dal 30 settembre al 2 ottobre a Milano e dal 31 ottobre al 12 novembre a Glasgow.
L’intervento completo di Vanessa Nakate allo Youth4Climate
“Molti dei miei amici mi hanno chiesto come mi sento. Ad essere onesta, sono molto nervosa e soprattutto emozionata. Settimana scorsa mi trovavo con altri attivisti e camminavamo in città. Abbiamo visto un veicolo della polizia e di solito questo significa che è successo qualcosa di brutto.
Ho chiesto alla mia amica se ci potessimo allontanare, ma lei era curiosa. Ha insistito per passare e poi mi ha detto: ho visto il corpo di una persona. C’era anche un altro gruppo di persone era alla ricerca di altri corpi. È successo dopo un forte temporale. Quando sono andata a casa, ho scoperto che anche mia mamma era lì mentre pioveva forte. Mi ha detto che una delle persone che è stata portata via dalle inondazioni stava cercando di proteggere la propria merce dall’acqua, dal temporale.
Quindi buongiorno, mi chiamo Vanessa Nakate e vivo a Kampala, in Uganda, un paese che è uno dei più esposti ai cambiamenti climatici. Negli ultimi anni ho assistito sempre di più all’impatto della crisi climatica sul continente. È assurdo perché l’Africa emette meno CO2 di tutti i continenti, escludendo l’Antartide.
Storicamente l’Africa è responsabile solo del 3 per cento delle emissioni globali, eppure subisce gli impatti più forti della crisi: uragani sempre più forti, inondazioni devastanti, siccità.
Le persone stanno morendo, ma tante altre hanno perso i loro beni di sostentamento. La siccità e le inondazioni hanno lasciato alle persone solo dolore, agonia, sofferenza, fame e morte.
Una recente relazione della Banca mondiale ha detto che potremmo arrivare a 86 milioni di persone sfollate nell’africa subsahariana a causa dell’aumento del livello dei mari, della desertificazione, del calo dell’acqua dolce e della scarsità alimentare. Negli ultimi mesi ci sono state ondate di caldo mortali e incendi in Algeria, inondazioni devastanti in Nigeria. L’Onu ha dichiarato che il Madagascar sta soffrendo la fame a causa dei cambiamenti climatici. Decine di migliaia di persone stanno soffrendo livelli catastrofici di fame e insicurezza alimentare dopo quattro anni senza precipitazioni.
Chi pagherà per il Madagascar?
Non succede solo nel continente africano. L’uragano Irma, Maria, Dorian e Harold hanno reso alcune isole caraibiche e del pacifico inabitabili.
Sei milioni di bengalesi hanno dovuto lasciare le proprie case a causa dei cambiamenti climatici. Entro il 2050, il 70 per cento delle coste del paese scomparirà sommerso dall’acqua, creando circa 40 milioni di rifugiati climatici.
L’Iucn ha recentemente annunciato che oltre 38mila specie sono incluse nella lista rossa, che rappresenta l’elenco più completo delle specie che rischiano l’estinzione. Chi pagherà per le isole che perderemo ai caraibi e nel Pacifico? Chi pagherà per le comunità che dovranno abbandonare la costa bengalese.
Chi pagherà per migliaia di specie estinte che verranno dimenticate? Per quanto dovremo piangere? Per quanto dovremo assistere all’estinzione degli animali? Per quanto i bambini saranno costretti a sposarsi perché le loro famiglie hanno perso tutto nella crisi climatica? Per quanto i bambini dovranno andare a letto affamati perché l’acqua ha portato via tutto, perché i campi sono secchi a causa delle condizioni estreme? Per quanto tempo li guarderemo morire di fame, durante la siccità. O mentre cercano di respirare, durante le alluvioni? Come fanno i leader a guardare quello che succede e non fare niente per fermarlo? I nostri leader si sono persi e il Pianeta soffre”.
Nessuno parla mai della perdita e dei danni derivanti dalla crisi climatica. Non ci si può adattare alla perdita delle tradizioni, della storia e delle culture. Non ci si può adattare alla fame. Non ci si può adattare all’estinzione.
Gli impatti della crisi climatica devono essere al centro delle strategie mondiali
“Prima si pensava che questo succedesse solo nel sud del mondo, ma come abbiamo visto negli ultimi mesi, con gli incendi in California e in Grecia e le alluvioni in Germania e Belgio, le perdite e i danni sono possibili ovunque. Ovunque io vada, i leader dicono che raggiungeranno le zero emissioni nette e faranno questo e quello per mitigare la crisi climatica, a volte li sento parlare della necessità di dare fondi per gli sforzi di adattamento, quando la mitigazione non sarà più sufficiente. Ma come sapete, sono ancora pochissimi i finanziamenti arrivati, rispetto a quelli promessi alle nazioni vulnerabili per fronteggiare queste sfide. Dovevano arrivare per il 2020 ma stiamo ancora aspettando.
Ma c’è una cosa di cui non sento mai i leader parlare: della perdita e dei danni. Per molti di noi ridurre ed evitare non basta più.
Non ci si può adattare alla perdita delle culture. Non ci si può adattare alla perdita delle tradizioni. Non ci si può adattare alla perdita della storia. Non ci si può adattare alla fame.
E non ci si può adattare all’estinzione.
La crisi climatica sta spingendo le comunità oltre alla capacità di adattamento. Perché per i leader è così facile aprire nuove centrali a carbone, costruire oleodotti, ed estrarre gas che stanno distruggendo il nostro pianeta, mettendo a rischio il presente e il futuro dei bambini, ma è così difficile riconoscere che le perdite e i danni sono già qui?
L’azione climatica non sceglie. Abbiamo bisogno di minimizzare sì, ma abbiamo bisogno anche di fare i conti con la perdita e il danno che sono già realtà.
È giunto il momento di occuparci dei più vulnerabili a causa delle conseguenze climatiche che non sono più evitabili. È tempo che i leader ne facciano il centro delle negoziazioni. Abbiamo bisogno di fondi per far fronte ai danni, sia per quelli che ci sono già stati sia per quelli che non sono più evitabili. Devono esserci sussidi extra, oltre a quelli già promessi per le strategie di mitigazione e adattamento e devono essere finanziamenti a fondo perduto e non prestiti, o andranno ad aggiungersi ai debiti già esistenti.
È tempo che i leader si sveglino, che smettano di parlare e inizino ad agire. È tempo di misurare i costi ed è tempo per chi inquina di pagare, di mantenere le proprie promesse.
Non vogliamo promesse vuote, summit vuoti, conferenze vuote. È ora di mostrarci i soldi e di non dimenticare le comunità e le aree più colpite.