Dopo la pandemia, in Brasile si è assistito a un preoccupante aumento delle varie forme di violenza contro le donne. Lo dimostrano i dati ufficiali.
- I dati dell’Annuario brasiliano di pubblica sicurezza rivelano un preoccupante incremento della violenza contro le donne in Brasile.
- Nel 2023 sono stati registrati quasi 84mila stupri, uno ogni sei minuti.
- Questi reati hanno visto un’impennata dopo la pandemia, mentre – al contrario – diminuiscono gli omicidi.
In Brasile, un paese di circa 215 milioni di abitanti, 83.988 persone hanno subito uno stupro nel corso del 2023. Una ogni sei minuti. Un numero che è cresciuto del 6,5 per cento rispetto all’anno precedente e di un abnorme 91,5 per cento rispetto al 2011. Sono dati ufficiali, presi dall’Annuario brasiliano di pubblica sicurezza, che fanno capire quanto la violenza contro le donne sia un tema da affrontare in modo strutturale.
In Brasile cala il numero di omicidi
Si potrebbe pensare che un dato del genere si inserisca in un quadro generale di incremento dei crimini, ma non è così. Lo scorso anno le morti violente intenzionali sono state più di 46mila, cioè 22,8 ogni 100mila abitanti, il che equivale a una diminuzione del 3,4 per cento rispetto al 2022. Preoccupa piuttosto la violenza da parte delle forze dell’ordine, con quasi 7mila vittime nel 2023, in vertiginoso aumento del 188,9 per cento rispetto a dieci anni prima; ed è indicativo il fatto che una persona nera abbia un rischio 3,2 volte più alto di essere uccisa da un poliziotto. Per quanto riguarda invece la piccola criminalità, si registrano sempre più truffe ma, in compenso, cala visibilmente il numero di furti per strada. In un anno, per esempio, sono stati scippati più di 937mila cellulari, una quantità che di per sé è molto alta ma vede un calo del 10,1 per cento sull’anno precedente.
I dati allarmanti sulla violenza contro le donne in Brasile
Se dunque gli omicidi sono in calo, i numerosi dati sulla violenza contro le donne in Brasile hanno tutti il segno più rispetto al 2022. Più 9,8 per cento per la violenza domestica (oltre 250mila casi), più 16,5 per cento per le minacce (quasi 779mila casi), più 33,8 per cento per la violenza psicologica (circa 38.500 casi). 77mila i casi di stalking, in aumento del 34,5 per cento rispetto all’anno precedente; ma c’è anche da dire che il reato è stato introdotto soltanto nel 2021, quindi è fisiologico che nei primi anni si affermi una consapevolezza prima assente. 1.467 i femminicidi, soprattutto a opera di partner (63 per cento), ex compagni (21,2 per cento) o membri della famiglia (8,7 per cento). A questi bisogna aggiungere anche i quasi 2.800 tentativi di femminicidio.
Il dato sui quasi 84mila stupri è allarmante di per sé, ma lo diventa ancora di più quando si scopre che più di sei vittime su dieci avevano meno di 13 anni e sono state aggredite quasi solo da familiari (64 per cento) o conoscenti (22,4 per cento). Tra il 2022 e il 2023 si registra un’impennata anche delle violenze di tipo sessuale (+28,5 per cento), delle molestie (+48,7 per cento) e della divulgazione non consensuale di foto o video intimi (+47,8 per cento). Ed è lecito supporre che questi dati siano parziali, perché si riferiscono soltanto agli episodi che sono stati denunciati dalle vittime.
Come si spiega questa ondata di violenza contro le donne
Numeri del genere non possono essere casuali. Samira Bueno, direttrice esecutiva del Forum brasiliano di pubblica sicurezza, sottolinea come il Brasile sia di per sé un paese con un alto tasso di aggressioni e criminalità, ma che questa impennata della violenza contro le donne abbia vissuto una drastica accelerazione dopo lo scoppio della pandemia. Probabilmente, le tensioni sorte in ambiente domestico hanno esacerbato le varie forme di abuso. D’altra parte, anche gli stupri – come del resto in Italia – solo in una minoranza dei casi (il 12,9 per cento) avvengono per strada: più di sei su dieci si verificano in casa, dunque tendenzialmente ad opera di una persona che la vittima conosce bene.
“La ricerca scientifica mostra come questi crimini siano spesso contrassegnati dall’assenza di prove, perizie o testimoni, per cui la denuncia delle vittime è essenziale per l’indagine e la responsabilità delle persone coinvolte”, mette nero su bianco il rapporto. Che punta il dito contro la cosiddetta vittimizzazione secondaria, cioè la tendenza a dare implicitamente la colpa alle donne per gli abusi subiti. “I miti che circondano i crimini di stupro proiettano nell’immaginario sociale l’idea che le donne inventino di essere state violentate per vendetta o per abortire legalmente, o che abbiano provocato il loro stupro con il loro comportamento o con il modo in cui erano vestite. Queste percezioni tendono a minimizzare e giustificare la gravità della violenza subita, attribuendone la responsabilità alla vittima e non all’aggressore”.
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