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Violenza ostetrica, il Consiglio d’Europa approva una risoluzione e l’Onu presenta il primo rapporto
La violenza ostetrica entra nell’agenda mondiale ed europea, con due passi avanti decisivi nell’inquadrare correttamente e contrastare questa forma di maltrattamento e lesione dei diritti umani delle donne nei servizi di salute sessuale e riproduttiva.
Il tema della violenza ostetrica e ginecologica entra nell’agenda europea e mondiale. A ottobre si sono infatti registrati due passi avanti decisivi nell’inquadrare correttamente e contrastare la violenza ostetrica, una forma di maltrattamento e lesione dei diritti umani delle donne nei servizi di salute sessuale e riproduttiva (inclusi gli esami ginecologici, l’interruzione di gravidanza, i trattamenti per la fertilità, la contraccezione) e durante il parto. Nel Rapporto annuale presentato all’ultima Assemblea Generale dell’Onu, tenutasi a New York lo scorso 4 ottobre, la relatrice speciale delle Nazioni Unite Dubravka Šimonović ha evidenziato che anche queste forme di maltrattamento e violenza rientrano sotto l’articolo 1 della Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne delle Nazioni Unite. Il giorno prima, il 3 ottobre, il Consiglio d’Europa aveva approvato una risoluzione (la 2306 del 2019), promossa dalla deputata francese Maryvonne Blondin, che qualifica la violenza ostetrica e ginecologica come violenza contro le donne nel quadro normativo della Convenzione di Istanbul. Durante la Sessione autunnale 2019, presieduta da Emmanuel Macron, si è chiesto quindi agli Stati membri di affrontare il problema e di assicurarsi che l’assistenza alla nascita sia fornita nel rispetto dei diritti e della dignità umana.
Violenza ostetrica, fenomeno trascurato
La violenza ostetrica e ginecologica – si legge nel documento – è rimasta nascosta per molto tempo e spesso è ignorata dalle donne stesse. Nell’ambito privato della consultazione medica o durante il parto, purtroppo, alcune donne sono vittime di pratiche violente o che possono essere percepite come tali (atti inappropriati e non acconsentiti, interventi dolorosi e addirittura comportamenti sessisti). Per aumentare la consapevolezza e contrastare il fenomeno, è necessario mettere in piedi un sistema di prevenzione, controllo, rendicontazione e infine – se necessario – sanzione. Servono quindi leggi, politiche, strategie nazionali per la salute riproduttiva e procedure per le denunce in caso di violazione. I temi legati alla violenza ostetrica devono entrare nella formazione dei medici e del personale sanitario, ma anche di avvocati e giudici, per garantire istruttorie delle denunce, saper discernere la responsabilità dei professionisti e le sanzioni da parte di associazioni e ordini professionali nei casi accertati.
La prima soluzione è l’informazione
Lo strumento del consenso informato deve giocare un ruolo di primo piano come forma di protezione e tutela: non tutte le donne hanno la consapevolezza che negare loro la possibilità di prendere decisioni informate sui trattamenti sanitari che ricevono durante il parto o in altri servizi di salute riproduttiva costituisce una violazione dei diritti umani. Tra le cause principali di questa negligenza, il rapporto dell’Onu ha indicato le dinamiche di potere nella relazione medico-paziente, che anche inconsapevolmente può favorire una cultura dell’impunità che porta a non riconoscere il maltrattamento o ad abusare dell’argomentazione della necessità medica per giustificarlo. Un crescente abuso che può generare tagli cesarei non necessari, alti numeri di episiotomie e altri trattamenti non sempre indispensabili sotto il profilo medico. Tra gli interventi che vengono eseguiti senza forme di consenso preventivo rientrano induzioni del parto, pressioni sul fondo dell’utero (manovra di Kristeller), violazioni di privacy e di riservatezza, procedure mediche dolorose effettuate senza anestesia, impossibilità di decidere la posizione del parto, pratiche di profonda umiliazione, abuso verbale, affermazioni sessiste e altre.
Quali sono i fattori di rischio per il maltrattamento in sala parto
Le cattive condizioni di lavoro, la mancanza di formazione sui diritti umani e le scarse risorse economiche sono, secondo il rapporto, le principali cause all’origine di queste problematiche. Purtroppo, però, il problema della violenza ostetrica non riguarda soltanto i paesi a basso reddito, ma si manifesta nei sistemi sanitari di tutti i Paesi. La mancanza di supporto e di supervisione degli operatori sanitari è stata quindi considerata un secondo fattore di rischio che può contribuire al basso livello morale e alle attitudini negative dei fornitori di assistenza che perpetuano il maltrattamento verso le donne. Assicurare finanziamenti adeguati alle strutture sanitarie per garantire condizioni di lavoro dignitose per gli operatori è quindi una delle misure indicate come necessarie dalla risoluzione europea, perché situazioni di lavoro non adeguate possono influenzare il corretto svolgimento del percorso di cura.
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