La campagna Vote for animals, promossa da Lav e altre organizzazioni, mira a far assumere a candidati e partiti un impegno maggiore sul tema dei diritti animali.
Visoni, un altro allevamento chiude i battenti mettendo fine a inutili crudeltà. Ma l’Italia è ancora indietro
La chiusura dell’allevamento di visioni di Noceto è un ulteriore passo in avanti verso lo stop alle inutili crudeltà riservate agli animali da pelliccia. Ma occorre una legge che ne vieti definitivamente l’allevamento in tutto il paese.
L’allevamento di Noceto, struttura situata a Cella di Noceto, un piccolo comune del parmense, possedeva circa quattromila animali e, fin dalla sua apertura, è stato protagonista di infrazioni, attirando critiche e una cattiva reputazione tra gli abitanti dello stesso comune. Una vicenda che Essere Animali ha seguito fin dal 2012, realizzando riprese che hanno portato alla luce le condizioni inaccettabili riservate ai visoni.
In quell’anno, la ditta proprietaria avanza la richiesta di apertura della struttura. Durante la valutazione preliminare del luogo predisposto, effettuata dal Servizio veterinario dell’Ausl, emerge che i visoni sono già stati introdotti all’interno del capannone. L’azienda incappa in una sanzione e gli abitanti accolgono contrariati l’apertura dell’allevamento.
In seguito, il Consiglio comunale adotta un regolamento per la tutela e il benessere degli animali e introduce il divieto di allevamento di animali da pelliccia. Ma la norma non ha valore retroattivo e l’azienda può continuare l’attività. Solo dopo alcuni anni dall’apertura, però, l’allevamento incorre nelle chiusura definitiva, investito dalla crisi inarrestabile che sta colpendo il settore della pellicceria.
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Chiusi 8 allevamenti negli ultimi 3 anni
La vicenda di Noceto è solo l’ultima di una lunga serie. Nell’ultimo periodo, hanno ufficializzato la chiusura diversi allevamenti analoghi. Ci riferiamo ai recenti casi delle strutture di Jolanda di Savoia, Fiesso d’Artico, Misano di Gera D’Adda, Fossoli e Luisana Conco. Proprio a Conco era presente uno degli allevamenti più grandi d’Italia. Essere Animali ne aveva filmato più volte le condizioni, riuscendo a realizzare persino le immagini delle atroci sofferenze patite dai visoni nella camera a gas.
Segnalando anche alcune irregolarità che presentavano i capannoni, come la presenza di amianto, è riuscita ad ottenere prima la sospensione e poi la chiusura dell’attività, che disponeva di circa 30mila visoni. Animali perlopiù solitari e di indole selvatica, costretti in minuscole gabbie di rete metallica dove subiscono ferite, mutilazioni e soffrono di comportamenti stereotipati e autolesionisti. Ad oggi in Italia si contano poco più di dieci allevamenti, con circa 100mila visoni l’anno. Se si pensa che solo nel 2016 gli animali si attestavano intorno ai 180mila, riscontriamo un dato importante.
La crisi globale che investe le pellicce
Grazie soprattutto alle mobilitazioni delle organizzazioni per i diritti degli animali, alle loro investigazioni, campagne di pressione e informazione, i consumatori stanno scoprendo una certa sensibilità nei confronti degli animali. Essere Animali, per porre l’attenzione sull’industria delle pellicce, ha da tempo lanciato la campagna Visoni liberi, un’iniziativa supportata dalle indagini condotte in questi anni, che mira ad ottenere dalla politica un sostegno favorevole al divieto di allevamento di animali da pelliccia. Solo in Italia, secondo i dati Eurispes, l’86 per cento dei cittadini si dichiara contrario a questa tipologia di allevamento.
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Anche il settore della moda sta mostrando importanti segnali di cambiamento. A livello internazionale, sono sempre più numerosi gli stilisti e le aziende che, scegliendo una politica più compassionevole e sostenibile, optano per collezioni e abiti “fur free”. Tra gli altri, Prada, Versace, Armani, Gucci, Hugo Boss, Burberry, fino alla designer Stella McCartney. Di riflesso, i governi nazionali non possono far altro che prendere atto della rinnovata presa di posizione di consumatori e case di moda, e disporre norme per l’industria che sfrutta gli animali per farne pellicce.
Il mondo cambia ma l’Italia resta indietro
Lo scorso ottobre, con un provvedimento storico, la California ha cambiato per sempre il destino di questi animali. È stato infatti chiuso un accordo che pone il divieto, dal 2023, di produrre e vendere abiti contenenti pelliccia di animale. Ancora pochi mesi fa la Nafa (North american fur auctions), la più grande casa d’aste del nord America e la seconda al mondo, ha chiuso per bancarotta dopo la decisione di alcuni importanti finanziatori di non investire più nel settore. Segnali importanti anche in Europa. Sono già 15 i paesi che vietano, o normano così rigidamente da renderli quasi irrealizzabili, gli allevamenti di animali da pelliccia. Ultima la Slovacchia, che ha da poco firmato il divieto definitivo di allevamento, in vigore dal prossimo anno.
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In Italia, però, le cose vanno a rilento. Lo scorso anno, in vista delle elezioni politiche, abbiamo ottenuto il parere favorevole alla chiusura di queste strutture, da cinque dei sei partiti che oggi compongono il Parlamento, dove sono presenti ben tre proposte di legge che chiedono il divieto di allevamento, ma risultano ferme da troppo tempo, non ancora discusse e calendarizzate. È ormai sempre più urgente una legge nazionale che scriva la parola fine per queste pratiche superate e inutilmente violente.
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