
Uno studio ha evidenziato un’associazione tra un maggiore consumo di yogurt e tassi più bassi di cancro al colon prossimale.
La vitamina D si classifica come tale pur agendo come un ormone. È essenziale per il nostro organismo, ma è facile esserne carenti.
Questo articolo sulla vitamina D è stato pubblicato per la prima volta il 22 dicembre 2009 , e modificato l’ultima volta il 16 ottobre 2024.
La vitamina D è un vero e proprio pilastro della salute umana, ricoprendo ruoli biochimici tutt’altro che trascurabili. Le sue funzioni sono note da tempo, sebbene non manchino tasselli di più recente scoperta. Comprenderne l’importanza costituisce un passo in avanti verso il benessere.
Cos’è la vitamina DIl termine “vitamina D” identifica un gruppo di componenti dotati di struttura simile e classificati, nel complesso, come pro-ormoni. Tra questi spiccano la vitamina D2, di origine vegetale (e anche nota come “ergocalciferolo”), e la vitamina D3 (o “colecalciferolo”), di origine animale. Si tratta, in modo importante, di sostanze biologicamente attive, in grado di assolvere a funzioni specifiche all’interno della cellula.
A livello macroscopico, questa vitamina favorisce l’assorbimento intestinale del calcio, garantendone concentrazioni ematiche adeguate. Agendo sui livelli sierici di tale minerale, la vitamina D è implicata nella mineralizzazione delle ossa ed è indispensabile per la crescita e il rimodellamento osseo. Livelli ottimali della stessa consentono di prevenire il rachitismo nei bambini, l’osteomalacia negli adulti e l’osteoporosi negli anziani. Ma non solo. È coinvolta anche nella funzione immunitaria e nella riduzione dell’infiammazione, così come nella funzione neuromuscolare e nel metabolismo del glucosio. Non meno importanti gli effetti sul ciclo vitale delle cellule. In particolare, è capace di modulare i geni associati alla crescita, alla proliferazione e alla morte cellulare.
Per soddisfare il proprio fabbisogno di vitamina D, il corpo attua specifici meccanismi di conversione enzimatica. In ogni caso, le fonti di questa sostanza non sono soltanto alimentari.
L’esposizione alla luce solare permette di coprire gran parte della quota necessaria di vitamina D. Le radiazioni Uvb dotate di specifica lunghezza d’onda (290-320 nanometri) agiscono a livello epidermico e convertono un componente cutaneo (7-deidrocolesterolo) in pre-vitamina D3. Questa, a sua volta, funge da precursore della vitamina D3 biologicamente attiva.
Le fonti alimentari di questa vitamina sono relativamente poche. Tra queste si collocano i pesci grassi, (come il tonno e il salmone), l’olio di fegato di merluzzo e i frutti di mare. Altre fonti sono il tuorlo d’uovo, il fegato di maiale e, in misura minore, latte e derivati. Senza dubbio interessanti, anche i funghi shiitake secchi rientrano tra le fonti in questione. Non mancano alimenti “fortificati” in tal senso, ovvero addizionati di vitamina D mediante tecnologie apposite. Questi comprendono latte, frutta secca e cereali, e riportano tale caratteristica in etichetta.
La dose giornaliera raccomandata, da assumere attraverso la dieta, viene stabilita tenendo conto di un’esposizione solare minima. Si tratta, in ogni caso, di un parametro che differisce in base all’età del soggetto, partendo da un minimo di 10 microgrammi (400 UI) per i lattanti fino a 12 mesi di età, fino a un massimo di 20 microgrammi (800 UI) per gli anziani ultrasettantenni. L’apporto per la popolazione generale, da uno a settant’anni di età, è pari a 15 microgrammi (600 UI).
Non esistono delle linee guida su tempi e modalità ideali di esposizione solare. Alcuni esperti suggeriscono che un’esposizione giornaliera di mezz’ora, nella fascia oraria più favorevole (tra le 10 e le 16), evitando l’applicazione di protezioni cutanee, possa garantire un’ottima produzione endogena della vitamina. Si tratta, tuttavia, di un aspetto da “prendere con le pinze”, considerando la nota cancerogenicità dei raggi ultravioletti. In modo intuibile, la modalità più appropriata per esporsi al sole sfrutta le comuni attività giornaliere (es.: camminare per strada, andare in bicicletta, ecc.).
Senza una quantità sufficiente di vitamina D, le ossa possono assottigliarsi, diventare fragili o deformi. Nei bambini, una grave carenza della vitamina determina la scarsa mineralizzazione delle ossa (rachitismo). Nell’adulto, la carenza importante si manifesta con debolezza ossea, deformità e anomalie ossee, conseguenti a mineralizzazione incompleta. I sintomi associati alla carenza di questa vitamina includono dolori ossei e articolari, ma anche debolezza muscolare e affaticamento. In molti altri casi, la carenza è asintomatica, seppur non trascurabile.
Le cause del deficit si identificano con la scarsa esposizione solare e/o con l’insufficiente apporto alimentare, ma anche con problematiche di conversione a livello del rene o di assorbimento intestinale. Il dosaggio della vitamina D sierica, nella forma 25(OH)D, è uno strumento molto utile per valutare l’entità delle riserve: i valori ottimali si collocano tra 20 e 40 ng/ml. I livelli carenziali accertati vengono trattati mediante una supplementazione mirata, con opportuna supervisione medico-nutrizionale.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Uno studio ha evidenziato un’associazione tra un maggiore consumo di yogurt e tassi più bassi di cancro al colon prossimale.
L’aderenza alla dieta mediterranea è stata associata dai ricercatori a una salute cerebrale ottimale, con una migliore integrità della sostanza bianca, riduzione dell’infiammazione e dello stress ossidativo.
In Italia lo spreco di cibo è cresciuto, basterebbe però che ognuno di noi lo tagliasse di 50 grammi ogni anno per raggiungere l’obiettivo dell’Agenda 2030.
Dalla crema di ceci e bergamotto al burger di fagioli neri, ecco 5 idee per portare in tavola i legumi, buoni per noi e per il Pianeta.
Nonostante le varie forme di greenwashing, il mercato del bio in Italia resiste e cresce. I dati del Rapporto Bio Bank 2024.
Il giudice ha dato ragione a Greenpeace: entro il 2030 i Paesi Bassi dovranno abbassare i livelli di azoto in metà delle aree interessate dall’inquinamento.
Più frutta e verdura, meno salumi e dolci. E poi più tempo lento in cucina. Le tendenze sui consumi alimentari per il 2025 secondo il Rapporto Coop.
L’associazione è stata osservata in uno studio statunitense. Consumando molta carne rossa processata il rischio di demenza aumenta del 13 per cento, il declino cognitivo soggettivo del 14 per cento.
Il fotografo George Steinmetz ha girato il mondo per raccontare la produzione di cibo e ha raccolto i suoi scatti in un libro che ci restituisce più consapevolezza su quello che mangiamo.