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La stagione venatoria 2018/2019 è terminata con oltre venti morti e decine di feriti, confermando la pericolosità di questo passatempo per la sicurezza pubblica.
Finalmente è finita la caccia (nella maggior parte delle regioni perlomeno, in alcune si continuerà a sparare per alcuni giorni ancora) ed è possibile tornare a frequentare boschi e campagne senza timore di essere scambiati per un fagiano ed essere impallinati da qualche cacciatore. Anche questa stagione venatoria ha infatti causato nel nostro Paese decine di vittime ricordandoci, ancora una volta, quanto questa anacronistica attività rappresenti una seria minaccia alla sicurezza pubblica. L’associazione Vittime della caccia ha pubblicato il suo annuale dossier sui morti e feriti per armi da caccia relativo alla stagione venatoria 2018/19.
Complessivamente in questi cinque mesi di caccia sono state uccise ventuno persone, mentre i feriti ammontano a 59, di cui due bambini. Il dossier tiene conto sia delle vittime in ambito venatorio che extravenatorio, quest’ultimo, specifica in una nota l’associazione, “concerne tutti quei luoghi dove sono accaduti i fatti di cronaca, al di fuori delle battute, con l’uso di armi da caccia e/o per mano di chi la esercita. Un’importante focus che permette di individuare aspetti critici dal punto di vista della pubblica sicurezza e la detenzione delle armi da caccia, che trascendano dall’ambito strettamente della battuta venatoria”.
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Tra le vittime, anche quest’anno, figurano molti comuni cittadini, 9 morti e 18 feriti non erano infatti cacciatori, mentre i cacciatori morti e feriti sono rispettivamente 12 e 41. Nove persone sono dunque state ammazzate in appena cinque mesi a causa del passatempo dell’1 per cento della popolazione nazionale. Le regioni più pericolose sono state Emilia Romagna, Campania, Lombardia e Lazio.
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Nel corso della stagione venatoria appena conclusa sono stati feriti anche due bambini, di cui uno in modo grave. Il primo, di otto anni, è stato colpito mentre si trovava nel cortile della propria abitazione, a Cesena, con i genitori. Il secondo, un bambino di dieci anni portato a caccia dal padre, è rimasto seriamente ferito da un amico del padre mentre si trovava all’interno di un capanno fisso. I bambini feriti sono stati “solo” due ma avrebbero potuto essere di più, diversi sono stati infatti i minori sorpresi a imbracciare armi da caccia durante battute in compagnia del padre, evidenziando una pericolosa lacuna normativa. I minori non possono infatti portare armi e sparare, non esiste però una legge specifica che vieti ad un bambino di essere portato a caccia.
Per azzerare il rischio di rimanere feriti da un cacciatore non basta rassegnarsi a non frequentare aree naturali per cinque mesi. Come testimoniano molti, troppi casi di cronaca, non si è infatti al sicuro neppure all’interno delle mura domestiche o al ristorante. Tra i numerosi esempi, oltre al sopracitato caso del bambino in cortile, possiamo citare l’episodio accaduto lo scorso settembre a Sesto Fiorentino, dove alcuni pallini da caccia sono piovuti sul tavolo di un ristorante occupato da una famiglia con un bimbo di pochi mesi, o quello del ciclista riminese, colpito al volto mentre stava percorrendo una pista ciclabile.
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L’obiettivo dei cacciatori sono naturalmente gli animali selvatici, ma, come ogni anno, tra le vittime causate dalla caccia troviamo decine di animali domestici e d’affezione. I dati in questo senso sono estremamente parziali, “visto che quasi niente viene denunciato e poco riportato sui media”, ha spiegato l’associazione Vittime della caccia. Il campionario di “vittime collaterali” animali è più vasto che mai e comprende cani, gatti, cavalli, capre e persino un pavone. Tra queste ricordiamo Aron, cane ucciso da una fucilata alla schiena mentre passeggiava con il suo proprietario in collina e Martina una capretta “timida e schiva, ma che non disdegnava le coccole”, ricorda la proprietaria, uccisa dai cani in battuta al cinghiale mentre si trovava nel proprio recinto. O ancora Summer, cavallo ucciso in una proprietà privata da colpi di fucile di grosso calibro e Zampina, gatta uccisa nei dintorni della propria abitazione da una fucilata.
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Ancora più complicato è stabilire l’effettivo numero di animali selvatici uccisi, secondo il dossier risulta un aumento esponenziale del bracconaggio, “anche ad opera di regolari cacciatori ma anche di ex cacciatori, ovvero coloro che non hanno più rinnovato volontariamente il porto d’armi uso caccia o non gli è stato più concesso per recidive e gravami”. L’associazione Vittime della caccia riferisce di 176 casi di bracconaggio e reati venatori. L’elenco delle specie protette abbattute illegalmente durante questa stagione venatoria è terribilmente lungo e comprende ibis eremiti, aironi, cicogne, gufi, falchi pellegrini, gheppi e un raro capovaccaio.
La caccia ha quindi un impatto sugli ecosistemi, depauperando la fauna selvatica e inquinando l’ambiente, sulla salute dei cittadini e sulla spesa pubblica. Proprio l’attuale governo, che mira a fare della sicurezza il proprio vessillo, dovrebbe contrastare questo fenomeno che in Italia miete molte più vittime, ad esempio, del terrorismo. La tendenza è però opposta, come testimonia l’estensione del periodo di caccia alla volpe in Lombardia, voluta proprio dalla Lega, e l’abbassamento a 17 anni del limite di età per ottenere l’abilitazione venatoria. Il dossier dell’associazione Vittime della caccia, in ultima analisi, ci fornisce dati preziosi per valutare il fenomeno venatorio in maniera non ideologica, come invece spesso accade, perché “si può essere a favore o no alla caccia – sostiene l’associazione – ma la pubblica sicurezza non è certo un’opinione”.
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