La tesi del marco temporal è stata fortemente sostenuta dall’ex-presidente Bolsonaro e dal settore dell’agrobusiness.
Gli 11 giudici della Corte federale suprema si sono espressi il 21 settembre: 9 contro la legge e 2 a favore.
Ma il marco temporal è ancora sostenuto in una proposta di legge in Parlamento.
È giorno di festa per i popoli indigeni del Brasile: la Corte suprema brasiliana ha bocciato la tesi del marco temporal, confermando l’integrità dei diritti indigeni e la protezione dei loro territori. La proposta di legge era stata promossa con forza dalle aziende dell’agrobusiness che puntavano a sottrarre ampie aree di terra indigena per l’estrazione di materie prime.
Nove giudici si sono espressi contro il marco temporal e solo due invece l’hanno sostenuto. Bisognerà ora attendere il testo definitivo della sentenza per conoscere e valutare quali tesi e implicazioni potrebbero emergere da questo voto.
I punti della sentenza contro il marco temporal
L’applicazione della sentenza, infatti, avrà delle ripercussioni su tutte (o parte) delle controversie nate in questi anni tra popolazioni amazzoniche e istituzioni. Ciò significa che la Corte, con la pubblicazione della sentenza, non solo risolverà il caso specifico che ha dato origine alla sentenza stessa, ovvero la controversia su un territorio tra gli indios Xokleng e l’istituto ambientale Santa Catarina (Ima), ma definisce anche come verrà applicata l’interpretazione della Costituzione d’ora in poi su tutti gli altri casi.
Per esempio, sulla questione dei risarcimenti: la Costituzione prevede il pagamento di un compenso per i miglioramenti apportati a un’area quando questi vengono realizzati da chi occupa un territorio che, di fatto, è indigeno. I giudici, quindi, devono discutere della possibilità di riconoscere un risarcimento per il valore che tali popolazioni hanno apportato alla terra, valore finora non riconosciuto e anzi ostacolato.
Cos’è il marco temporal
Secondo il marco temporal, letteralmente “limite temporale”, i popoli indigeni impossibilitati a dimostrare di abitare fisicamente nelle loro terre alla data del 5 ottobre 1988 (giorno in cui fu promulgata la Costituzione brasiliana), avrebbero perso il diritto di vedere quelle terre demarcate (ovvero mappate e protette ufficialmente).
Se la Corte avesse approvato la proposta, il riconoscimento dei diritti indigeni sarebbe tornato indietro di decenni: centinaia di migliaia di indigeni avrebbero potuto essere espropriati delle loro terre, e i popoli incontattati avrebbero rischiato lo sterminio.
La prima votazione sul marco temporal da parte dei giudici della Corte risale al settembre 2021. All’epoca, un giudice votò contro e un altro a favore della tesi. Gli altri giudici si sono espressi prima a giugno di quest’anno, quando è arrivato un nuovo voto contrario e poi, prima della sentenza finale, altri voti sono Sto arrivati a fine agosto: un voto a favore e due contrari.
Se fosse stata approvata, la legge avrebbe devastato decine di popoli
“È una vittoria storica, cruciale per i popoli indigeni del Brasile e una grande sconfitta per la lobby dell’agrobusiness” ha dichiarato Fiona Watson, direttrice del dipartimento advocacy di Survival, ong da tempo impegnata nella difesa dei popoli nativi. “Il marco temporal era uno stratagemma pensato per legalizzare il furto di milioni di ettari di terra indigena. Se fosse stato approvato, decine di popoli ne sarebbero usciti devastati, come migliaia di Guarani e i Kawahiva incontattati”.
“La proposta del marco temporal era parte di un vero e proprio assalto ai popoli indigeni del Brasile e alla foresta Amazzonica, promosso con forza dall’ex presidente Bolsonaro e dai suoi alleati. Per questo è così importante che sia stato rigettato, non solo per i popoli indigeni ma anche per la lotta mondiale ai cambiamenti climatici”.
Il movimento indigeno e i suoi alleati, compresa Survival international, hanno lottato per anni affinché la tesi del marco temporal venisse abbandonata. In attesa del verdetto, in Brasile e nel mondo si sono svolte massicce proteste contro questa proposta.
Emocionante! Há anos o movimento indígena vem lutando para enterrar a aberração jurídica representada pela tese do Marco Temporal. Hoje o STF deu mais um importante passo para garantia dos direitos originários dos povos. Via @tukuma_pataxo/ @ApibOficialpic.twitter.com/84Qd9zuMcr
Tutto finito, quindi? Non proprio, dato che la proposta del marco temporal è stata portata avanti in questi anni anche da alcuni parlamentari brasiliani. La tesi, infatti, è stata inserita nella proposta di legge conosciuta come PL490 e approvata alla Camera, per poi passare in discussione al Senato (e cambiare nome: oggi si chiama PL2903).
In teoria, l’iter parlamentare sarebbe questo: se la maggioranza dei senatori votasse a favore della legge, allora passerebbe al presidente Lula, che potrà approvare o mettere veto totale o parziale. Se mettesse il veto, il progetto di legge dovrà tornare al Congresso e al quel punto si aprirebbe una nuova fase in cui deputati e senatori dovranno approvare o rigettare il veto, prendendo una decisione finale sulla validità della legge.
Questo è l’iter teorico. Se il marco temporal fosse stralciato dalla bozza di legge, questa continuerebbe comunque a rappresentare una pessima legge intrisa di politiche anti-indigene, poiché permetterebbe a trafficanti di legname, imprenditori agricoli e altri attori, che hanno invaso illegalmente i territori indigeni, di restarvi. Insomma, la lotta per i diritti indigeni non si è ancora conclusa.
Il Parlamento del Brasile approva la legge con il marco temporal, nonostante il veto di Lula e il parere contrario della Corte suprema. I popoli indigeni sono in pericolo.
Ora i giudici contrari al marco temporal, ovvero il processo di demarcazione per togliere le terre agli indigeni in Brasile, sono 4. Quelli a favore 2. Il 20 settembre si torna al voto.
Per la prima volta la Costituzione brasiliana è stata tradotta ufficialmente in nheengatu, lingua usata da molti popoli indigeni che vivono nell’Amazzonia.
Sonia Guajajara guiderà il ministero dei Popoli indigeni voluto dal presidente del Brasile Lula. Anche all’Ambiente una ministra originaria dell’Amazzonia.
La lotta del popolo indigeno brasiliano Karipuna è la stessa di altri popoli indigeni che chiamano l’Amazzonia come casa. Abbiamo incontrato il loro leader Adriano Karipuna.