I quattro episodi della serie Wonder Women, promossa da WeWorld, in esclusiva su LifeGate. Un viaggio per scoprire le storie di Carola, Sereti, Paula e Thowaiba.
Wonder Women è una serie prodotta da WeWorld e Unknown Media per parlare di giustizia climatica e sociale attraverso le storie di quattro attiviste per il Pianeta.
Dalla plastica che soffoca il Mediterraneo, all’emarginazione dei disabili. Dall’importanza dell’igiene mestruale alla questione della parità di genere. Questi sono i temi trattati nella serie.
Quattro episodi, di circa 15 minuti l’uno, sono visibili in esclusiva su LifeGate.
Si possono portare avanti cose straordinarie durante una vita del tutto ordinaria. Sembrano dirci questo le quattro giovani protagoniste della serie Wonder Women, prodotta da Unknown Media e WeWorld all’interno della campagna #ClimateofChange finanziata dall’Unione europea. WeWorld è un’organizzazione che da oltre 50 anni porta avanti progetti di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario in 27 paesi.
Ed è proprio la cornice di ordinarietà delle quattro Wonder Women a renderle così di ispirazione, così raggiungibili. Carola Farci a Cagliari, Sereti Nabaala in Kenya, Thowaiba Ben Slema in Tunisia e Paula Pröbrock a Berlino sono quattro attiviste e ognuna interpreta questo ruolo in modo personale e diverso, al servizio della comunità a cui appartiene.
“È una serie che vuole parlare di giustizia climatica e sociale”, spiega Rachele Ponzellini, coordinatrice area comunicazione Europa-globale di WeWorld, “e lo fa sottolineando l’intersezionalità tra le tante questioni che ruotano attorno alla crisi climatica. Abbiamo deciso di girarla in quattro paesi diversi non per paragonare i contesti, ma per mostrare come tutti siamo collegati e, di conseguenza, come tutti dobbiamo agire in una stessa direzione”.
Il cambiamento personale al servizio di quello collettivo
L’acqua è l’elemento che collega, come un filo rosso, i quattro episodi. Il livello dell’acqua dei laghi che cala, l’acqua del mare soffocata dalla plastica, l’acqua di un fiume in secca, l’acqua che dal cielo sembra non arrivare mai. Prodotta da Unknown Media con tre registi diversi (Carlotta Piccinini, Mario Piredda, Shira Kela), Wonder Women è una serie “destinata a essere vista dal vivo, nelle scuole, in luoghi di condivisione, dove si possa dibattere e scambiare opinioni”, continua Ponzellini. I quattro episodi sono disponibili in esclusiva su LifeGate (seguono sotto i video).
Carola, Sereti, Paula e Thowaiba sono giovani donne che, per motivi diversi, si sono sforzate di cambiare la narrazione di se stesse. Sembravano indirizzate verso un destino ineluttabile, ma hanno in qualche modo deciso di darsi una possibilità di cambiamento e di mettersi al servizio della comunità. La loro non è una lotta facile (non lo è mai, dopotutto) e tiene insieme un personale processo di trasformazione con un attivismo molto concreto, che combina la sensibilizzazione sulla crisi climatica e l’uguaglianza sociale, per le donne, i disabili, la comunità queer, le persone ai margini della società.
Carola. Da Cagliari in missione per ripulire il Mediterraneo
Carola, ha trentadue anni ed insegna storia ed italiano in un liceo di Cagliari. Soffre di una “malattia” che lei definisce “ansia ecologica”. Ha iniziato da piccola a pulire la spiaggia davanti casa e col tempo è diventata la sua attività quotidiana, un bisogno di fare qualcosa per il Pianeta. Il 17 ottobre dello scorso anno si è lasciata tutto alle spalle, si è presa un anno sabbatico e insieme al suo cane Polly ha intrapreso un viaggio on the road per ripulire le spiagge d'Europa. Appena tornata dal suo lungo viaggio ha organizzato un'asta mettendo in vendita alcuni degli oggetti trovati sulle spiagge. Con il ricavato progetta di piantare 2000 alberi in tutto il mondo. È sempre stata appassionata di immersioni subacquee ed è orientata esclusivamente alla pulizia dei fondali: impiega il suo tempo sott'acqua portando in superficie nasse, reti da pesca, plastica e ogni genere di materiale. Il suo sogno è sensibilizzare le altre persone, i giovani, i suoi studenti sulle tematiche ambientali rendendo la virtuosa ‘patologia’ ecologica, contagiosa!
Carola Farci vive a Cagliari, insegna lettere ed è la professoressa che tutti avremmo voluto avere. Entusiasta, aperta alle possibilità, sempre positiva. “Mi viene il magone quando parlo con i miei studenti della crisi ambientale o quando vedo la situazione globale dell’inquinamento da plastica”, racconta nel suo episodio di Wonder Women. Non esita a usare la parola ecoansia per descrivere come si sente. Un paio d’anni fa ha deciso che l’unica soluzione per alleggerire questo peso era agire. Ha messo in auto poche cose e la sua cagnolina Polly in un viaggio durato un anno, durante il quale ha raccolto 3 tonnellate di rifiuti in oltre 14mila chilometri on the road, dalla sua Sardegna fino in Grecia. Quando è rientrata ha capito che il senso finale di quest’avventura sarebbe stato raccontarla agli altri.
“Quando sono tornata ho battuto all’asta una parte dei rifiuti-non-rifiuti raccolti”, racconta oggi al telefono da Cagliari, “con il ricavato sono stati piantati seimila alberi dalla no profit Treeonfy, la stessa a cui devolvo i diritti d’autore del mio libro “Plastichiadi. Viaggio totalmente a caso di una prof, un cane e un polpo” (ed. Pósidos), per sostenere tre progetti di riforestazione in Italia”. Oggi Carola è tornata a insegnare e nella sua routine continua a portare avanti i clean up sulla spiaggia di Cagliari: “Vorrei davvero che la gente si arrabbiasse dopo aver visto il mio episodio. Rabbia prima, e poi voglia di agire”.
Sereti. Un’attivista Maasai che insegna l’igiene mestruale a Narok, in Kenya
Sereti, ha ventiquattro anni ed è un'attivista keniota Maasai del villaggio di Aitong a Narok West. L’obiettivo di Sereti è quello di sensibilizzare le donne delle comunità Maasai a opporsi alle mutilazioni genitali femminili e diventare spose bambine. Con la sua Associazione “Save Our Girls”, di cui è capogruppo, fornisce alle donne dei villaggi assorbenti riciclabili, un bene difficile da ottenere per le donne del villaggio. Molte devono recarsi in grandi centri abitati per ottenerli. Viaggiare dalla campagna ai centri urbani per le giovani donne è estremamente pericoloso, a causa di rapimenti e violenze sessuali. Le conseguenze del cambiamento climatico stanno ostacolando l'uso diffuso del materiale riciclabile e il fiume del suo villaggio, dove le donne possono lavare gli assorbenti, si sta prosciugando. Sereti e il suo gruppo di donne Maasai hanno ideato un progetto per piantare alberi e riforestare l'area a ridosso del fiume, il "Mara", la riserva nazionale Maasai, per riportare l'acqua. La dedizione di Sereti sui diritti delle donne della sua regione proviene dalla sua esperienza complicata e dolorosa di giovane Maasai: a 10 anni, come ogni ragazza Maasai della sua età, Sereti ha subito la mutilazione genitale femminile. Dopo un lungo periodo di sofferenza e studio, decide di fondare l'Associazione “Save Our Girls”.
La scena in cui si riconosce di più nel suo episodio di Wonder Women “è sicuramente quella dove interagisco con le studentesse della scuola locale, parlando di igiene mestruale mentre distribuisco assorbenti”, commenta Sereti Nabaala sul suo episodio. La sua missione, e quella dell’organizzazione da lei fondata Matasaru, è appunto fare educazione su questi temi e aiutare le ragazze a procurarsi assorbenti, senza essere costrette, come spesso capita, a scambiare prestazioni sessuali per ottenerli. Nel 2019 Sereti aveva messo in piedi un efficace progetto di assorbenti lavabili, prima che il fiume della zona seccasse a causa della crisi climatica.
Quando è accaduto ha capito che la questione era più grande di lei, ma che poteva continuare a fare qualcosa. Ha iniziato a piantare alberi per sensibilizzare le persone sul fatto che la mancanza di pioggia era dovuta a tanti fattori, tra cui la deforestazione. “Non è facile ottenere sostegno a livello istituzionale. Dalle nostre parti le attiviste sono viste come donne che hanno perso la retta via, testarde, che non hanno rispetto”, commenta Sereti. Lei per prima però ha imparato che “puoi sempre cambiare il corso della tua storia, in ogni momento”. A dieci anni ha subito la mutilazione genitale che viene ritualmente praticata nella sua comunità. Ha impiegato parecchi anni per tornare ad accettare il proprio corpo e oggi fa di tutto affinché le ragazze e donne con cui collabora capiscano che il destino non può esserci imposto, ma che possono cambiarlo, tutte insieme.
Paula. A Berlino la danza diventa mezzo di inclusione
Paula ha ventisette anni ed è un’attivista ambientale tedesca, coreografa e ballerina. È nata nell’area rurale di Brandeburgo, la regione più arida della Germania. Sin dall’infanzia Paula è stata consapevole del problema climatico e si è dedicata alla cura del suo territorio, che oggi accusa una grande crisi idrica. Dopo gli studi di danza ad Amsterdam, ha subito un incidente che l’ha costretta ad abbandonare il suo sogno di diventare una ballerina professionista e si è trasferita a Berlino per lavorare come insegnante di danza. Paula sfrutta le sue conoscenze per creare un ponte tra la danza e il volontariato sociale contro la crisi climatica. Nei suoi progetti di danza coinvolge anche i gruppi più fragili, quelli che subiscono maggiormente le conseguenze del cambiamento climatico: figli di immigrati, donne, le comunità LGBTQIA+ e persone con disabilità. E' vicina a realizzare il suo sogno e debuttare con Tanzwekstatt, uno show ambizioso, basato sulla visione armonica che la Natura riesce a creare tra esseri differenti e dove ballerini professioni e figli disabili di cittadini migranti danzano insieme.
Il destino di Paula Pröbrock era limpido da sempre nella sua testa. Sarebbe diventata una ballerina, una grande ballerina contemporanea. E in questo ha creduto mettendoci tutta se stessa, impegno, testa, dedizione. Fino al 2018, quando un incidente al ginocchio le ha fatto realizzare che la vita non sarebbe stata la stessa che si era immaginata. Decide allora di unire il suo talento alla sua visione politica, di usare la danza per creare spazi sicuri di espressione per quelli che sono considerati gli ultimi della società. “La crisi climatica amplifica le differenze, sono sempre i più emarginati a soffrirne maggiormente le conseguenze”, lo ha capito presto durante il suo percorso di attivista climatica che ha portato avanti in parallelo alla danza. Dal 2019 Paula lavora con gruppi di ragazzi e ragazze disabili e progetti di educazione al movimento. La disabilità psichica o fisica diventa possibilità di un nuovo tipo di movimento, dove i corpi considerati non conformi si esprimono insieme a quelli di ballerini professionisti. “La mia scena preferita è quella sul palco, mentre proviamo tutti insieme”, commenta oggi da Berlino, “vorrei che le persone si sentissero ispirate da quei sorrisi e capissero che tutti possiamo agire nelle nostre vite quotidiane, connettendo il nostro lavoro, le nostre abilità, a una visione politica, a un cambiamento”.
Thowaiba. A Tunisi, cosa significa fare attivismo in un paese che non ti crede
Thowaiba ha venticinque anni ed è la presidente dei “Giovani per il clima” in Tunisia. Il suo impegno contro il cambiamento climatico è connesso ad un trauma ed ad una violenza subita nel passato, che la fa sentire insicura di sé stessa e dell’ambiente che la circonda. Nel 2018, quando realizza che il suo Paese sta cadendo a pezzi, politicamente e socialmente, a causa della corruzione e della cattiva gestione, diviene un’attivista climatica: comprende che per salvarsi deve agire e spronare le persone accanto a lei. Ha attivato diversi progetti di sensibilizzazione di empowerment femminile e progetti di giustizia climatica, sociale e di gender equality. Tra i suoi tanti progetti c’è “FeMENA”, uno spazio sicuro dove poter praticare djing, storytelling e podcasting, digital art, content creation. FeMENA rappresenta uno spazio per incoraggiare le donne a riprendere in mano la propria vita e a non sottostare alla dominazione maschile, creando nuove formule di lavoro e di green jobs. Thowaiba è riuscita a fare della sua tragica esperienza personale un problema globale, aiutando gli altri ad affrontare il proprio trauma e ad avere una visione diversa del mondo.
Il gruppo di Youth for climate con cui Thowaiba Ben Slema manifesta quotidianamente davanti alle istituzioni è diventata la sua famiglia. Uniti da un legame forte come quello dell’attivismo in un paese, la Tunisia, che non prende in considerazione la crisi climatica. La frustrazione condivisa dai ragazzi e dalle ragazze del gruppo è la stessa che da loro forza per tornare in strada ogni giorno. “Per le persone qui il cambiamento climatico non è un fatto scientifico, ma riguarda dio“, spiega Thowaiba. E a lui si affidano anche le donne allevatrici che si lamentano con lei della mancanza di erba per le loro capre, perché non piove mai.
Ecologia e femminismo sono i temi che si intrecciano nella storia di Thowaiba, in un paese dove per le donne è difficile essere economicamente indipendenti e, quindi, libere di scegliere per se stesse. Dal suo giardino a Tunisi Thowaiba si rende conto che essere circondati da qualche pianta è diventato un privilegio in una città soffocata da asfalto e cemento. Da questa stessa città non trova la forza di andarsene, perché il legame che la trattiene è troppo radicato, nonostante le frustrazioni del suo attivismo. Il dilemma se partire o restare è forte, ma la speranza per lei e i suoi amici è quella di un’altra rivoluzione, oltre dieci anni dopo quella dei Gelsomini. E questa volta andrà bene.
Un rapporto della Fao spiega in che modo i cambiamenti climatici possono esacerbare le disuguaglianze socio-economiche, tra donne e uomini e generazionali.
La Svezia non aveva mai avuto una prima ministra donna. La carica è stata assunta da Magdalena Andersson, leader dei Socialdemocratici, che però si è dimessa dopo poche ore.
Le tribù della valle dell’Omo in Etiopia vivono a stretto contatto con la natura e il fiume da cui dipendono. Questo reportage esclusivo racconta come la costruzione di una diga, i cambiamenti climatici e un boom turistico stiano mettendo a dura prova la loro capacità di preservare stili di vita ancestrali.
I cambiamenti climatici sono un rischio per milioni di persone. Ma le donne sono le più esposte alle conseguenze negative di questo fenomeno. Alcune semplici considerazioni di Italian Climate Network ci aiutano a percepirne la portata globale.
Il Bangladesh è una delle nazioni più vulnerabili ai cambiamenti climatici. L’Onu aiuterà donne e ragazze ad aumentare la resilienza delle loro attività.
La finanza non è fatta soltanto di numeri. Con il boom della finanza responsabile, gli investitori iniziano a stare sempre più attenti ad argomenti che a prima vista hanno ben poco a che fare con il mondo dell’economia così come l’abbiamo sempre conosciuto. Ecco i cinque trend che guidano la crescita degli investimenti sostenibili negli