Al World water forum di Dakar si è lavorato per garantire una “pace blu”, ovvero per la sicurezza e l’accesso all’acqua e ai servizi sanitari per tutti.
A Dakar, in Senegal, si è tenuta la nona edizione del World water forum.
Lo scopo di questo evento è far sì che l’acqua diventi risorsa che unisce e non che divide.
Per questo bisogna lavorare affinché la sua gestione sia migliore e l’accesso universale.
Una pace blu durevole. In tempi di guerra lavorare per creare cooperazione sulla gestione delle risorse è un imperativo. Per questo il World water forum, il più grande incontro sull’acqua, è una ventata di aria fresca. Nella settimana di lavori che si è tenuta a Dakar, in Senegal, si è parlato di pace blu, diplomazia dell’acqua, gestione dei bacini acquiferi transfrontalieri e cooperazione allo sviluppo sostenibile.
L’evento, organizzato dal World water council, un think tank internazionale nato in Francia nel 1996, ha concentrato i lavori di diplomatici, agenzie di cooperazione (inclusa l’italiana Aics), ong, organismi che fanno capo alle Nazioni Unite e settore privato su come evitare tensioni e conflitti legati all’acqua e lavorare insieme per raggiungere l’Obiettivo di sviluppo sostenibile acqua, Sdg numero 6.
“La nona edizione del World water forum ci offre l’opportunità dare l’allarme sulla gravità della situazione della sicurezza idrica affinché le questioni legate all’acqua rimangono al centro della comunità internazionale”, ha dichiarato durante l’apertura dei lavori il presidente senegalese Macky Sall. “Parliamo della vita e della salute di miliardi di persone. Ma anche del mantenimento della pace e sicurezza globali”.
Loic Fauchon reinsisted for mobilization around water during his speech at the opening "During this 9th Forum, we wish to create a Global Water Observatory for Peace, Development and Nature. This will be the consecration of a true planetary hydro-diplomacy."#WorldWaterForum9
Numerosi partecipanti, dai ministri africani agli inviati della cooperazione europei, hanno ribadito che serve un maggiore sforzo internazionale per la tutela del diritto all’acqua e del rafforzamento della convenzione sulle acque transfrontaliere, due strumenti internazionali per dirimere contenziosi legati all’accesso alle risorse idriche.
Viene rilanciata la realizzazione di un Osservatorio globale sull’acqua per la pace, lo sviluppo e la natura, ha dichiarato il fondatore del Water council, Loic Fauchon. “Questa è la consacrazione di una idro-diplomazia a livello planetario”. Intanto durante la conclusione die lavori il presidente Sall ha annunciato la creazione di un panel africano di alto livello sull’acqua per favorire la diplomazia idrica.
E poi tanta scienza e gestione oculata: condivisione di dati e informazioni sulle fonti idriche, agenzie per la gestione cooperativa dei bacini, riduzione del prelievo idrico attraverso pratiche di agricoltura sostenibile. Troppi gli eventi anche solo per pensare di seguire un decimo. Ma è indubbio che la questione ricade sempre sulla cooperazione ambientale. “C’è una richiesta nel processo multilaterale di riprendere la diplomazia sull’acqua”, commenta a LifeGate la viceministra degli Esteri e della Cooperazione allo sviluppo, Marina Sereni. “Noi abbiamo approfittato del forum per riprendere contatti con gli organismi internazionali che si occupano di acqua e per cercare di mettere a fuoco come l’Italia può contribuire meglio all’iniziativa internazionale, ad esempio attraverso l’Unesco che ha un ruolo centrale sul tema acqua”.
Conclusa la visita della 🇮🇹 VM @MarinaSereni in #Senegal 🇸🇳:“Partenariato che riguarda anche giovani e imprese”.
— Cooperazione Italiana 🇮🇹 (@cooperazione_it) March 28, 2022
L’Italia al World water forum di Dakar
Oltre la viceministra Sereni al World water forum era presente una delegazione italiana numerosa. Il nostro Paese infatti era candidato per ospitare l’evento biennale nel 2024 nelle città di Firenze ed Assisi, ma alla fine il World water council ha preferito la proposta indonesiana di Bali. Deluso chi sperava di poter ospitare un evento inclusivo, aperto alla società civile, che avrebbe dato rilevanza mediatica ad un tema mai abbastanza trattato.
“Pensiamo che molti dei progetti e delle idee che erano alla base della candidatura siano ancora importanti e l’acqua resta un tema importante della nostra diplomazia”, commenta la viceministra Sereni. Non c’è stata la conferma, ma l’Italia potrebbe fare un secondo tentativo per aggiudicarsi la candidatura nel 2026, all’insegna del connubio acqua e cultura.
Il caso del fiume Senegal
Uno degli esempi di cooperazione di gestione dei bacini transfrontalieri più citati durante l’evento è stato il fiume Senegal, che attraversa – oltre la nazione omonima – Mauritania, Mali e Guinea. Gestito dalla Organisation for the development of the Senegal river (Omvs), il bacino del Senegal fornisce acqua per l’agricoltura ai Paesi rivieraschi e ospita varie dighe lungo il suo corso.
I risultati ottenuti, di gestione pacifica e cooperata sono valsi all’Omvs il Hassan II World water grand prize, assegnato il primo giorno di forum. Un successo anche italiano dato che l’Omvs, tramite il progetto Wefe-Senegal, è sostenuta dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), in particolare sul nexus, ovvero la relazione tra acqua, agricoltura ed energia. “Questo è un esempio di successo di diplomazia dell’acqua”, spiega il direttore Aics Dakar Marco Falcone. “Facciamo ricerca per fornire all’Omvs informazioni tecniche scientifiche necessarie per una gestione sostenibile dell’acqua e lavoriamo anche sull’agricoltura, su sementi che richiedono poca acqua e riducono il prelievo idrico”.
World water forum e contro-vertice
Non sono mancate le critiche al vertice che, data la sua natura ibrida, ospita anche numerose multinazionali, su tutti il colosso francese Veolia-Suez. Per la società civile senegalese il forum “dà più spazio alle aziende private che comprano spazi espositivi e pagano il costoso biglietto d’ingresso per le plenaria, che alle comunità interessate dalle questioni idriche”, si legge sul sito del Forum alternatif mondial de l’eau, figlio dei social forum di inizio secolo. Un gruppo ristretto di attivisti ha denunciato i fenomeni di privatizzazione delle risorse idriche. Il governo non ha ostacolato il contro-vertice, ma nemmeno sostenuto l’organizzazione.
“Il World water forum deve avere sempre di più una natura pubblica e fornire maggiore accesso alla società civile”, ha denunciato Marirosa Iannelli, presidente del Water grabbing observatory. “I privati spesso perseguono interessi che non combaciano con quello dei cittadini e delle comunità. Quindi è auspicabile in futuro una maggiore presenza del terzo settore al World water forum”. Certamente il forum non è l’unico contesto di discussione. Grande rilievo avrà il prossimo summit dell’Onu sulle acque sotterranee che si terrà il prossimo dicembre a New York, nel tentativo di rafforzare la conoscenza e la gestione acque invisibili e la Cop27 di Sharm El-Sheik, già ribattezzata la Cop africana sul clima dove è certo che si parlerà di acqua.
Finanza climatica, carbon credit, gender, mitigazione. La Cop29 si è chiusa risultati difficilmente catalogabili in maniera netta come positivi o negativi.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.