“Se la nostra offerta avrà successo, sconfiggeremo i bot o moriremo provandoci”. Nell’aprile del 2022 Elon Musk aveva le idee chiare: avrebbe comprato Twitter per 44 miliardi di dollari, nonostante avesse provato a defilarsi dalla sua stessa offerta vincolante, e avrebbe risolto i suoi principali problemi. Tra questi, quello della libertà d’espressione, a suo giudizio minacciata dall’allora gestione del social network, e quello dei bot. Ogni piattaforma social ha bot e account finti: sono una presenza fisiologica e inevitabile, sotto a certe percentuali.
Ed è proprio questo il problema: secondo un’analisi di Cheq, che si occupa di cybersicurezza e monitoraggio dei bot, la situazione di Twitter sarebbe precipitata da allora. Il social, che ora si chiama X, ha un grosso problema di spam e account fake, ma durante il weekend del Super bowl avrebbe superato il limite. Nelle ultime settimane X ha festeggiato gli ottimi risultati di quei giorni, dichiarando dieci miliardi di “impressioni” per i contenuti a tema football americano e un miliardo di visualizzazioni video. Il problema è che, ha calcolato Cheq, “il 75,8 per cento del traffico da X verso i siti web dei suoi clienti pubblicitari durante il Super bowl” era generato da bot. Una percentuale “scioccante” secondo il fondatore dell’agenzia Guy Tytunovich, che ha dichiarato al sito Mashable di non averla mai vista vicina al cinquanta per cento, figuriamoci al 76 per cento.
The (video first) roar of the stadium reverberated on X
The Kansas City Chiefs snagged a historic overtime win over the San Francisco 49ers during the longest Super Bowl game in history. For fans on X, Super Bowl LVIII conversation did not disappoint. pic.twitter.com/alhspk1hNN
Chi frequenta X non sarà così sorpreso da questi dati. Nei post virali sulla piattaforma è ormai comune trovare risposte pubblicate da palesi bot programmati per replicare a tweet di successo, con la speranza di guadagnare in visualizzazioni o di spammare prodotti legati alle criptovalute. Il quotidiano britannico Guardian ha raccontato di un piccolo imprenditore che ha speso cinquanta dollari in pubblicità su X e ricevuto un report del sito che diceva di aver mandato al sito della sua attività 350 click per un totale di 29mila visualizzazioni. Niente male per quella somma spesa. “Nonostante questo, secondo Google Analytics, X non era tra le fonti del traffico reale ricevuto dal sito in quel periodo”. Click fantasmi, insomma: bot.
Il problema non riguarda solo gli inserzionisti, che da mesi hanno abbandonato o ridotto la presenza nella piattaforma. Secondo il Washington Post l’aumento di bot su X avrebbe anche cause, e conseguenze, politiche: il social sarebbe parte di una campagna di disinformazione politica condotta da profili cinesi che si spacciano per cittadini statunitensi con l’obiettivo di acuire le divisioni nel paese. L’obiettivo sono le elezioni Usa del prossimo novembre. Il metodo, lo stesso già visto nel 2016 e 2020, fatto di confusione ed estremizzazione dell’elettorato, che viene bombardato da notizie false e tweet pensati per scatenare l’ira e le ossessioni di certe parti politiche.
Anche per questo, da tempo, le principali aziende del settore social si ritrovano ogni due settimane per discutere dello stato dei loro servizi e scambiarsi informazioni utili per sgominare eventuali operazioni straniere simili a questa. Negli ultimi mesi le attenzioni di Meta e Google al riguardo sono calate, a dire il vero, ma X sembra essersi dimenticata del fenomeno e “da mesi ormai” non si presenta a questi meeting. “Sono scomparsi” ha detto un rappresentate di queste riunioni al Washington Post, mentre le elezioni si avvicinano sempre di più e la piattaforma è in preda a una maggioranza nemmeno troppo silenziosa di bot.
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