Dalla Cop16 arriva il report sullo stato mondiale degli alberi elaborato dall’Iucn. I risultati non sono quelli che speravamo.
Yacouba Sawadogo, l’agricoltore africano che ha fermato il deserto
Riforestazione e tutela del suolo. Così Yacouba Sawadogo, un semplice agricoltore, ha risolto insieme alla sua famiglia la crisi della desertificazione nel suo villaggio in Burkina Faso.
Yacouba Sawadogo è un agricoltore proveniente dal Burkina Faso che, con l’aiuto della sua famiglia, ha fermato l’avanzata della desertificazione nel suo villaggio, piantando alberi che ora sono diventati una grande foresta. La sua è stata la risposta a un periodo di siccità che, unita a livelli eccessivi di agricoltura, allevamento e sovrappopolazione, stava affliggendo la parte settentrionale del paese. Inizialmente, Sawadogo è stato deriso dagli altri contadini nella sua comunità, che pensavano stesse impazzendo.
Ripristinare la foresta grazie a tecniche antiche
Non avendo a disposizione né strumenti moderni né un’educazione specifica, Sawadogo ha iniziato ad usare un’antica tecnica agricola africana chiamata zai che migliora la crescita delle foreste e la qualità del suolo. Gradualmente il terreno arido si è trasformato in una foresta di quaranta ettari, che ospita più di 96 specie di alberi e 66 di piante, di cui molte commestibili e con proprietà medicinali. In questa nuova area verde hanno anche già trovato casa parecchi animali.
“Thomas Sankara (che è stato presidente del Burkina Faso dal 1983 al 1987, n.d.r..) aveva lanciato un appello per far sviluppare delle iniziative che fermassero l’avanzamento del deserto – racconta Sawadogo – e quando venne a vedere il mio lavoro, mi chiese quale tecnica stessi usando e gli dissi che era zai. È per questo che mi chiamano Yacoub Zai”.
L’uomo che ha fermato il deserto, il documentario
Nel 2010, Sawadogo – grazie al suo rivoluzionario progetto intrapreso nel semiarido deserto africano – è stato il protagonista di un documentario, The man who stopped the desert (L’uomo che ha fermato il deserto), diventando famoso in tutto il mondo. Inoltre, nel 2018 gli è stato conferito il Right Livelihood Award, noto come Premio Nobel alternativo, “per aver trasformato un terreno arido in una foresta e per aver dimostrato come gli agricoltori possano rigenerare il suolo attraverso l’uso innovativo di conoscenze indigene e locali”.
Un esempio per gli altri agricoltori
Zai, la tecnica utilizzata da Sawadogo, si è diffusa fino ad attraversare il confine con il Mali, e ora l’agricoltore la insegna a tutti coloro che vengono a imparare da lui. “Voglio sviluppare un programma di formazione che possa diventare il punto di partenza per scambi produttivi in tutta la regione; ci sono moltissimi agricoltori che vengono da villaggi qui vicino per ricevere consigli su quali semi di qualità sia meglio piantare”, spiega Sawadogo. “Ho deciso di non tenere segreti i miei metodi agricoli”.
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Anche il Centre on international cooperation (Cic), un think-tank di politica estera alla New York University, ha proposto di incoraggiare milioni di agricoltori in Africa occidentale a investire negli alberi. Questo li aiuterà a migliorare sia la loro sicurezza alimentare sia il processo di adattamento ai cambiamenti climatici, secondo Chris Reji, specialista nella gestione delle risorse naturali.
Le minacce alla foresta non fermano la speranza
Oggi Sawadogo si trova ad affrontare seri problemi su diversi fronti. Il Burkina Faso settentrionale sta diventando sempre più instabile a causa delle incursioni di gruppi jihadisti e dei conflitti tra comunità che hanno portato ad attacchi ribelli e disordini sociali. Un progetto di espansione nella zona ha occupato una porzione considerevole della foresta a cui Sawadogo ha dedicato anni e anni di vita: sono state costruite case in cambio di ricompense irrisorie. Inoltre, l’intera famiglia deve restare costantemente in guardia per difendere la foresta da coloro che vogliono rubare il legname.
Tuttavia, il messaggio di Yacouba Sawadogo riguardo al futuro dell’ambiente e della sua tutela rimane profondo: “Se si tagliano dieci alberi al giorno e non se ne pianta neanche uno all’anno, si va dritti verso la distruzione”.
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