In Yemen si combatte dal 2014. Una guerra che ha provocato 380mila morti e costretto milioni di bambini alla fame. Le speranze nei nuovi colloqui di pace.
L’Arabia Saudita ha concesso la liberazione a quasi 1.000 ribelli huthi.
Per molti si tratta di un passo avanti negli accordi di pace in corso tra il regno saudita, che appoggia il governo yemenita attuale, e i ribelli sciiti.
La pace metterebbe fine a otto anni di guerra che hanno portato lo Yemen in una situazione di catastrofe umanitaria.
Lo scambio di quasi mille prigionieri è stato salutato come un gesto distensivo, dopo otto anni di guerra, tra Arabia Saudita e Yemen. Dopo il viaggio della delegazione saudita nella capitale yemenita Sanaa, dove le parti stanno negoziando un prolungamento del cessate il fuoco, formalmente scaduto lo scorso ottobre, la liberazione di circa 900 ribelli huthi (o houthi) concessa in tre tranche da parte del regno saudita sembra essere stata influenzata dalla ripresa dei rapporti diplomatici fra Arabia Saudita e Iran – che sostiene i ribelli huthi in Yemen – mediati dalla Cina.
Il conflitto tra Yemen e ribelli va avanti dal 2014
Il conflitto in Yemen tra i ribelli sciiti huthi e il governo yemenita sostenuto dalla comunità internazionale, in particolare dall’Arabia Saudita, è iniziato nel 2014. Lo scontro ha causato finora almeno quattro milioni di sfollati e ucciso più di 380mila persone, sia direttamente che indirettamente a causa della fame e delle malattie. Ora, la ripresa dei colloqui tra le parti getta un barlume di speranza per una delle crisi umanitarie più gravi della storia.
La differenza tra questi colloqui e quelli avvenuti in precedenza riguarda il ruolo dell’Iran: finora, dopo il cessate il fuoco di ottobre, Yemen e regno saudita si sono impegnati in colloqui di pace mediati dall’Oman ma senza una chiara conclusione. L’inviato per le Nazioni unite in Yemen, Hans Grundberg, ha detto all’agenzia di stampa Associated Press che ora lo Yemen non è mai stato così vicino a una pace duratura. Ma al momento, è tutto quello che si sa dei colloqui di pace.
#Statement | In continuation of the Kingdom of Saudi Arabia’s efforts and its Peace Initiative in Yemen announced in 2021. pic.twitter.com/KsM6FUQx0v
La pace permetterebbe a cittadini e merci di viaggiare
Arabia Saudita e Iran hanno concordato di ristabilire le relazioni diplomatiche in un accordo facilitato dalla Cina. Il regno saudita si è riavvicinato a Pechino (e a Mosca) dopo che i rapporti con gli Stati Uniti si sono incrinati in seguito all’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.
I negoziatori stanno cercando di ripristinare una tregua che porti al completo ritiro delle forze straniere dallo Yemen e per aprire la strada a colloqui più ampi per risolvere una crisi multiforme, come quella yemenita. Come spiega il quotidiano New York Times, un accordo molto probabilmente implicherebbe che l’Arabia Saudita convinca i suoi alleati yemeniti a facilitare il pagamento degli stipendi per i dipendenti pubblici che non ricevono una paga da anni. Ciò solleverebbe le ong a scopo umanitario da un enorme peso, dato che nella regione sono milioni gli yemeniti che hanno un disperato bisogno di cibo: dopo otto anni di conflitti, infatti, la popolazione è allo stremo con metà popolazione senza cibo a sufficienza. Quasi la metà dei bambini sotto i cinque anni soffre di malnutrizione cronica.
Un accordo potrebbe anche aprire più tratte aeree nell’aeroporto di Sanaa, consentendo a migliaia di persone di viaggiare per cure mediche e revocare le restrizioni sui porti, rendendo disponibili l’arrivo di più beni essenziali e allentando l’inflazione.
Il problema di legittimare gli huthi
Tuttavia, un accordo tra le due parti legittimerebbe la presenza degli huthi nella regione. Gli huthi non hanno intenzione di rinunciare alla loro ambizione di governare in tutto lo Yemen, scrive sempre il New York Times: “Una volta che i sauditi saranno fuori, si espanderanno militarmente per riaffermare quello che considerano il loro diritto di esercitare il controllo sul paese”, riporta la testata americana. I ribelli sono spesso accusati dalle organizzazioni internazionali di voler “talebanizzare” la società, limitando i diritti delle donne.
L’Arabia Saudita vuole mettere fine a una guerra che è costata molto sia in termini economici che di reputazione. Gli attacchi di missili e droni da parte degli houthi, infatti, hanno colpito il confine meridionale dell’Arabia Saudita, uccidendo diverse dozzine di civili e danneggiando infrastrutture e gettando un’ombra sul tentativo del principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, di trasformare l’economia del regno.
Da parte yemenita, però, serve sostegno all’interno del paese: senza unità nazionale, una risoluzione politica duratura non può attecchire. Lo Yemen è alle prese con un’economia caotica e con una violenza strutturale causata da corruzione, comunità frammentate e da molteplici gruppi armati in lotta per il potere. Ci sono rivali anche tra le istituzioni di base, comprese due banche centrali che gestiscono due valute separatamente, sollevando interrogativi su come – e con quali banconote – i dipendenti pubblici sarebbero pagati. Arrivare a una pace frettolosa perché l’Arabia Saudita possa annunciare la sua vittoria diplomatica potrebbe scatenare divisioni significative in seguito.
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