Riconoscere l’insieme per curare. Alla base della medicina olistica, l’identificazione di corpo, mente e spirito quali componenti di un sistema unificato.
Yoga e Covid-19, i medici studiano una terapia complementare
A due anni dall’inizio della pandemia, nella comunità scientifica circolano studi e testimonianze che rafforzano le cure mediche con specifiche pratiche yoga di supporto.
Digitando “yoga e covid” su Google trovate subito la pagina del ministero della Salute che smentisce le fake news. Si legge: “Yoga. Non ci sono evidenze che abbia un ruolo protettivo nei confronti dell’infezione da nuovo coronavirus”. Emoji che sorride, affermazione vera. A due anni dall’inizio della pandemia, resta l’impegno degli scienziati nella ricerca di nuovi rimedi contro il virus e nella comunità scientifica internazionale iniziano a circolare studi autorevoli che sperimentano l’impiego di pratiche associate a questa disciplina millenaria accanto alle cure mediche tradizionali. Dalla fase precoce dell’infezione ai sintomi da long Covid, lo scenario è complesso, ma l’ipotesi di una terapia integrata lascia ben sperare.
- Yoga, un’arma in più
- Respiro, yoga e cure precoci: l’esperienza medica
- Lo studio del Mit
- Long Covid, a fari accesi nella notte
- Ascoltare il corpo, osservare i pensieri
- Perché è importante valutare una terapia integrata
Yoga, un’arma in più
L’11 gennaio, nel pieno di un nuovo boom di casi di Covid, il governatore di Nuova Delhi Arvind Kejriwal ha annunciato l’avvio di un programma gratuito di corsi di yoga online per i cittadini indiani in isolamento. “Lo yoga e il pranayama, l’insieme di pratiche per la regolazione del respiro, contribuiscono a rafforzare il sistema immunitario – ha dichiarato alla stampa –. Non posso affermare che offrano una protezione contro il virus, ma aiutano a far fronte alla situazione di disagio psicologico e partecipano al processo di riabilitazione”.
Della serie: quando non sai che pesci pigliare, mettiti nell’asana del pesce. E se non fosse così? Se l’idea di promuovere dall’alto un’iniziativa capillare e complementare alle cure dei medici sul territorio fosse una nota da aggiungere al mantra del protocollo ufficiale di “Tachipirina e vigile attesa”? Qualcuno lo ha già testato sul campo, anche in Italia, e i risultati sono incoraggianti.
Respiro, yoga e cure precoci: l’esperienza medica
Durante il primo lockdown, mentre sfornavamo pizze e cantavamo coi vicini sul balcone per coprire le sirene delle ambulanze, il professor Giorgio Noera e i suoi colleghi mettevano a punto in tempo record una rete di teleassistenza domiciliare per aiutare i contagiati a respirare e scongiurare il rischio di complicazioni gravi. Cardiochirurgo di fama, esperto di emergenze sanitarie grazie al suo lavoro contro ebola con l’ong Emergency in Sierra Leone, membro, tra le altre cose, del comitato tecnico-scientifico della Sanità militare e del ministero della Difesa. Noera è abituato a salvare la vita alle persone e a vederle morire, troppo spesso per lo stesso motivo: l’infiammazione acuta.
“Sia sui campi di battaglia che in ospedale in sala operatoria e in rianimazione, negli audit di mortalità compariva sempre la descrizione infiammatoria. Per questo ho deciso di combattere quella che considero la madre di tutte le morti: l’iper-infiammazione”. E la Covid? Ci arriviamo.
Aiutiamo la gente a respirare
Con voce pacata e molta pazienza, il professore descrive al telefono il meccanismo che porta all’aggravamento della malattia. Quel punto di non ritorno in cui il sistema immunitario reagisce all’aggressione esterna producendo una quantità enorme di proteine chiamate citochine, una difesa troppo robusta che infiamma l’organismo e ne mette a rischio la sopravvivenza. A quel punto, l’unica via d’uscita è l’ospedalizzazione. Ma riavvolgiamo il nastro. Torniamo all’insorgere dei primissimi sintomi di Covid, perché è qui che entra in gioco l’équipe telematica del professor Noera, una squadra di esperti, medici e terapisti dello yoga che supportano i contagiati nella fase iniziale dell’infezione e insegnano alle persone a respirare.
“Durante il lockdown inviavamo ai nostri pazienti un kit di autovalutazione a punteggio con consigli di automedicazione e semplicissimi video tutorial per migliorare la respirazione profonda, aumentando la saturazione. Si tratta di semplici tecniche di pranayama studiate dall’associazione indipendente Yoga Therapy in collaborazione con l’Università S-Vyasa a Bangalore, l’unica istituzione al mondo specializzata in yoga terapeutico, e trasmessi gratuitamente a oltre 150 insegnanti con una formazione rigorosa”, racconta.
Un aiuto valido e accessibile a tutti che pur non sostituendo il parere di un medico di base ha permesso di non creare allarmismi, né sottovalutazioni nelle persone contagiate e isolate in casa e contribuendo a decongestionare il servizio sanitario in una fase critica e troppo spesso caotica dei primi mesi della pandemia. Più di mille i pazienti trattati, nessuno ha avuto bisogno di ossigeno. I dati raccolti sono ancora insufficienti per parlare di statistiche, ma quest’esperienza ha aperto la strada a nuove prospettive di cura.
A cosa serve la respirazione: la spiegazione scientifica
C’è e si trova nel nervo vago. Un “filamento” che corre dal cranio all’addome e in caso di aggressione esterna manda segnali di allarme a tutti gli organi vitali, polmoni compresi. Se stimolato meccanicamente attraverso specifiche tecniche di respirazione, il vago modula la risposta immunitaria riducendo la probabilità di attivare uno stato infiammatorio e quindi di contrarre una polmonite da Covid.
“Nei campi militari in Afghanistan – spiega il professor Noera – la sollecitazione del nervo vago avviene tramite device e si utilizza nei casi di shock emorragico. Sono questioni ben studiate e riconvertite grazie alla collaborazione con l’Università di S-Vyasa a cui a quei tempi abbiamo chiesto come poter ridurre la iper-infiammazione tipica di ebola e del coronavirus a livello polmonare”.
In altre parole, il pranayama come strumento farmacologico. Ma per questo non esiste già il cortisone? “Certo – risponde – la nostra è una strategia di seconda scelta rispetto alle terapie più aggressive che insieme alla risposta immunitaria inibiscono anche la capacità rigenerativa, necessaria a una completa guarigione”. Resta l’impegno nel consolidare questo metodo che verrà presto condiviso e sottoposto a revisione paritaria con una pubblicazione in una rivista scientifica internazionale.
Lo studio del Massachusetts institute of technology
Eddie Stern assomiglia a Jeff Bezos. Stesso “taglio di capelli”, stessa aria a metà tra l’asceta e l’imprenditore visionario. Lui però è un insegnante di yoga e docente universitario a New York e insieme al Dr. William Bushell del Mit (Massachusetts institute of technology), la “mecca” mondiale della ricerca tecnologica, ha condotto un’indagine sul potenziale di asana, pranayama e meditazione nel trattamento di Sars-Cov-2 e Covid-19. Anche in questo caso, respiro e ossigenazione sembrano giocare un ruolo cruciale. La ricerca suggerisce infatti che alcune posizioni supine dello yoga e insieme a tecniche di pranayama possano intervenire efficacemente nel processo dell’“ipossia silente”, la carenza di ossigeno che colpisce le cellule e che può portare a complicazioni respiratorie fatali.
In parallelo, si indagano i benefici della melatonina per “ripulire” il cervello dall’offuscamento mentale, un disturbo a lungo termine piuttosto frequente tra i guariti da Covid. A produrre questo ormone è la ghiandola pineale (il terzo occhio) e al Mit ipotizzano che praticare regolarmente yoga o meditazione ne favorisca la secrezione.
Long Covid, a fari accesi nella notte
“In un sondaggio condotto negli Stati Uniti su quasi mille persone con sintomi da Covid a lungo termine, – riporta il New Scientist – il 47 per cento degli intervistati ha riferito di soffrire in modo costante di nebbia cognitiva, difficoltà di concentrazione o perdita delle memoria”. La buona notizia è che sono per lo più reversibili e stando alle dichiarazioni del settimanale britannico Economist, a metà del 2022 ci saranno i primi risultati di alcune ricerche per curare il long Covid.
Forse i disturbi si possono anche prevenire, viene da aggiungere, perché stando al parere degli scienziati la risposta immunitaria nociva potrebbe essere tra le principali cause dei disturbi neurologici e mentali. E qui torna in gioco la respirazione yogica come immunomodulatore, di cui parla Noera: respira bene, spegni l’incendio. Alla Columbia University un team di psichiatri si chiede anche se abbia senso parlare di meditazione come pratica complementare nella riduzione di ansia, stress e disturbi legati ai danni neuro-infiammatori al cervello, isolamento e senso di paura costante. Una tesi che ad oggi non trova dimostrazione clinica, ma che apre orizzonti interessanti sulle connessioni tra corpo e mente.
Ascoltare il corpo, osservare i pensieri
Nella scena clou dell’ultimo film di Paolo Sorrentino, È stata la mano di Dio, il protagonista si sente urlare dal suo mentore “Non ti disunire!”. Un consiglio enigmatico, che, al di là dello scherzo, trova un’eco nella pratica yogica. Per Renata Angelini e Moiz Palaci, insegnanti di Raja yoga da più di quarant’anni a Milano, “L’apporto più importante racchiuso nella pratica di yoga è il riconoscimento che nessuno esiste separato. Apparteniamo tutti a una incredibile rete di interrelazioni, una rete che passa inosservata all’ordinaria percezione e consapevolezza. Osservare durante la pratica i processi mentali, lo stato interiore, i pensieri e la loro ricaduta sui muscoli, sulla postura, sul respiro, sulle azioni è un’opportunità per riconoscere l’interdipendenza tra i diversi piani che ci compongono. Tornare a sentirsi interi può avere una valenza terapeutica”, spiegano.
“Durante questi due anni di pandemia, il distanziamento sociale e l’isolamento che abbiamo dovuto vivere hanno messo a dura prova la nostra interezza e la fiducia nell’altro. Il nostro corpo si è nutrito di pensieri, di ansia, e una dieta simile presto o tardi presenta il conto. È questa una sfida da accettare, una buona opportunità per riconsiderare noi stessi, il nostro rapporto con gli altri e con l’ambiente di cui siamo parte”.
Perché è importante valutare una terapia integrata
Restano moltissimi punti da chiarire sui benefici dello yoga per un uso curativo contro la Covid-19, ma nel complesso le testimonianze raccolte richiamano il nostro sguardo su un approccio olistico. Medici, esperti e scienziati occidentali sono liberi di attingere a saperi antichi e culture lontane, integrandole alle cure tradizionali, sempre a complemento e mai in sostituzione di misure di protezione come mascherina, distanziamento e vaccino.
In tempi bui come quello che stiamo vivendo, sarebbe bello istituire “il ministero della suprema felicità”. Per ora è solo il titolo di un romanzo della scrittrice indiana Arundhati Roy ma, se mai venisse istituito, siamo certi che dedicherebbe una pagina alle “buone notizie” sulla Covid. E lo yoga non mancherebbe.
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