Nella regione del Sahel, sconvolta da conflitti inter comunitari e dai gruppi jihadisti, 29 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria.
In Olanda le carceri vuote diventano luoghi di accoglienza per i rifugiati
In dieci anni i detenuti sono dimezzati, grazie anche a politiche meno repressive. Ora le carceri vuote e non più utili ospitano rifugiati, richiedenti asilo e le loro famiglie.
Afgani, siriani, ivoriani, etiopi, eritrei. Tutti esseri umani costretti ad abbandonare il proprio Paese, spesso con tutta la famiglia al seguito. Perché scappano? Perché a “casa loro” si muore, per strada, a casa, a scuola. Un flusso migratorio che ha portato migliaia di persone a cercare rifugio in Europa. E ogni nazione, chi più chi meno, si trova oggi a gestire centinaia se non migliaia di persone che lasciano tutto in cerca di una vita migliore. Ma c’è un Paese europeo che si è distinto al pari di altri nell’accoglienza, o che comunque ha trasformato un problema in opportunità: l’Olanda. Nel 2015, l’Agenzia nazionale per l’accoglienza dei richiedenti asilo (Coa) ha dovuto gestire quasi 60mila migranti, calati di quasi la metà l’anno successivo. Allo stesso tempo nel Paese si è registrata una significativa riduzione dei detenuti, che sono calati passati da 20,463 nel 2006 a 10.102 nel 2016. Perché questo collegamento? Perché meno detenuti significa carceri vuote. E le carceri vuote sono dei perfetti luoghi per l’accoglienza temporanea: grandi spazi, stanze che possono ospitare più persone, servizi igienici, mensa.
Carceri vuote diventano luoghi di accoglienza
È quello che è successo nel carcere di Bijlmerbajes ad Amsterdam, chiuso nel 2016 e divenuto un centro di accoglienza per richiedenti asilo. Qui il fotografo e due volte vincitore del Pulitzer, Muhammed Muheisen, ha realizzato un toocante reportage fotografico all’interno della struttura, raccontando la vita delle decine di famiglie e migranti che sono giunti fin qui. Ma questo non è l’unico esempio: anche il carcere di De Koepel ad Haarlem, vicino ad Amsterdam, è stato trasformato in uno spazio temporaneo per richiedenti asilo. “Abbiamo dovuto pensarci due volte prima di usare le prigioni con le porte (delle celle)”, ha detto all’Associated Press Janet Helder, membro del consiglio di amministrazione dell’ente governativo olandese responsabile per gli alloggi per i richiedenti asilo. “Alcune persone del quartiere ci hanno chiesto: ‘Come puoi mettere gente dalla Siria che potrebbe essere stata imprigionata in una cella qui?’ Quindi abbiamo deciso che se le persone avessero davvero un problema, troveremmo da qualche altra parte per loro”. L’organizzazione guidata da Helder accoglie 41mila persone, sparse in 120 strutture.
I numeri dei detenuti in Olanda
Indubbiamente interessante notare quale sia il fenomeno “carceri” in Olanda. Sopratutto se paragonati con gli altri Paesi europei, e non solo. Grazie ai dati raccolti ed analizzati da World prison brief, la media dei detenuti nei Paesi Bassi è di 59 prigionieri ogni 100.000 abitanti. In Italia il dato sale a 95 (57.608 detenuti alla fine del 2017, contro i 10.102 olandesi), mentre in Francia è di 101, nel Regno Unito (Inghilterra e Galles) di 143. Andando oltreoceano, gli Stati Uniti hanno numeri ben più alti: 666 detenuti ogni 100mila persone per un totale di 2,1 milioni di persone dietro le sbarre.
Le proposte in Italia
Anche nel nostro Paese non mancano iniziative lungimiranti, obiettive, concrete. E non sono certo mancate proposte che, oggettivamente, darebbero ampio respiro sia alla situazione odierna che al dibattito ad essa legato. Come quella da Report, già a maggio 2016. “Facciamola noi l’accoglienza, gestione pubblica, l’Europa ci paga e poi ogni paese si prende la sua quota, già formata e identificata”, diceva Milena Gabanelli in prima serata su Rai3. “Gli spazi non ci mancano, dai resort che sono stati confiscati alla mafia, agli ex ospedali, e come abbiamo visto, l’immenso patrimonio delle caserme”.
La proposta è praticabile, da subito: “Allora, le camerate già esistono, e si possono modulare, separando la zona maschile da quella femminile. Con il cartongesso si fanno stanze più piccole per il nucleo familiare. La mensa poi per tutti gli ospiti e, negli altri edifici, che sono tanti, ci fai le aule per corsi quotidiani di lingua italiana, inglese, tedesco, insegni le regole della democrazia europea, che da noi per esempio le donne sono uguali agli uomini, con obbligo di frequenza e regole severe. Poi visto che nelle caserme lo spazio non manca, le aule possono anche essere dei prefabbricati piazzati all’esterno, dove fare corsi di formazione per imparare un mestiere. Con infermeria e un medico in ognuno di questi posti. Poi tutti gli edifici devono essere provvisti di pannelli fotovoltaici per renderli autosufficienti e, visto che a gestire è lo Stato, può anche diventare fornitore di energia a basso costo a impatto zero ai quartieri vicini”.
Non sarebbe un grande esempio di cultura, di empatia, di preparazione e perché no, di capacità di saper trasformare un problema in opportunità e diventare, per una volta, una nazione leader in tutta Europa?
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