La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
Si è conclusa il 2 novembre la Cop16 sulla biodiversità, in Colombia. Nonostante le speranze, non arrivano grandi risultati. Ancora una volta.
Un dato non atteso. Certamente preoccupante. E che va a sottolineare ancora una volta che l’Antropocene sarà ricordato come l’epoca in cui la biodiversità entrò in crisi. La conferma, dopo lo studio pubblicato ormai qualche mese fa dall’Ipbes, arriva da una delle più corpose ricerche mai realizzate e pubblicata su Nature Ecology & Evolution lo
Un dato non atteso. Certamente preoccupante. E che va a sottolineare ancora una volta che l’Antropocene sarà ricordato come l’epoca in cui la biodiversità entrò in crisi. La conferma, dopo lo studio pubblicato ormai qualche mese fa dall’Ipbes, arriva da una delle più corpose ricerche mai realizzate e pubblicata su Nature Ecology & Evolution lo scorso 10 giugno: le piante da seme stanno scomparendo ad un ritmo di quasi 3 specie all’anno, dal 1900 ad oggi. Un tasso di estinzione che è fino a 500 volte più alto di quanto ci si aspetterebbe in natura.
Il progetto ha esaminato più di 330.000 specie e ha scoperto che le aree più colpite finora sono le isole e la fascia tropicale del pianeta, e che alberi, arbusti e altre piante perenni hanno un’elevata probabilità di scomparire indipendentemente da dove esse si trovino. Ad essere più a rischio sono aree ad alto tasso di biodiversità come il Madagascar, le foreste pluviali brasiliane, l’India e il Sud Africa.
Il corposo lavoro è iniziato nel 1988 grazie al botanico Rafaël Govaerts del Royal Botanic Gardens, Kew di Londra, che ha inziato a compilare una banca dati di tutte le specie di piante conosciute partendo dalla Bibbia dei botanici (e non solo), ovvero lo “Specie Plantarum” di Linneo. Studiando la letteratura scientifica disponibile, il ricercatore ha realizzato un elenco di specie da seme estinte o considerate estinte dagli studiosi, ma che in seguito erano state riscoperte. Il passo successivo è stata la collaborazione con il biologo evolutivo Aelys Humphreys delll’Università di Stoccolma, che ha infine portato al calcolo delle specie estinte in natura: 571.
Si tratta di un numero doppio di quello di mammiferi, ucceli e anfibi messi insieme. E una cifra che è quattro volte più grande di quella registrata nella Lista Rossa delle specie a rischio d’estinzione della Iucn (Unione internazionale per la conservazione della natura).
Anche la nostra penisola si trova in difficoltà, nonostante l’Italia sia tra i paesi con i livelli più elevati di diversità biologica e di endemismi al mondo. Grazie ad un lavoro durato 15 anni e portato avanti dal Gruppo per la floristica, sistematica evoluzione della Società botanica italiana, e coordinato dai ricercatori Fabrizio Bartolucci e Fabio Conti del Centro ricerche floristiche dell’Appennino e collaboratori dell’università di Camerino e del parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, da Lorenzo Peruzzi, dell’università di Pisa e da Gabriele Galasso del museo di storia naturale di Milano, oggi sappiamo che nel nostro paese ci sono 8.195 specie di piante diverse. Di queste, 1.708 sono endemiche, ovvero esclusive dell’Italia che non si possono trovare in alcun altro luogo nel pianeta. Di queste almeno un migliaio sono state inserite nella Lista Rossa delle specie in via d’estinzione.
Certo le piante hanno un impatto diverso da quello dei grandi mammiferi nell’immaginario. Sta di fatto che anche il regno vegetale sembra essere in crisi, a causa anche di una pressione antropica sempre crescente.
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