Dall’8 luglio – e fino a esaurimento fondi – è possibile ottenere il “Bonus colonnine domestiche”, destinato all’acquisto e all’installazione di infrastrutture di ricarica di veicoli elettrici. Vediamo cos’è e come si ottiene.
Le case automobilistiche europee investono nella mobilità elettrica, ma in Cina
Le case automobilistiche europee investono 7 volte di più nella mobilità elettrica in Cina che nella stessa Europa. Perché? “Seguiamo il mercato”, è la risposta.
Un’occasione persa. È questo il rischio al quale è esposto il settore della mobilità elettrica in Europa. Infatti sia la produzione che gli investimenti si stanno spostando rapidamente in Cina, piuttosto che nel Vecchio continente. A rivelarlo sono i dati elaborati dalthink tank europeo che lavora per lo sviluppo della mobilità sostenibile Transport and Environment che mostrano come nell’ultimo anno le case automobilistiche europee abbiano investito in Cina 21,7 miliardi di euro per la produzione di veicoli elettrici, e solo 3,2 miliardi in Europa. Questo nonostante la Cina produca solo un terzo in più di veicoli elettrici rispetto all’Europa, ovvero 23,5 milioni di veicoli contro 17 milioni.
Una differenza che non spiegherebbe l’enorme disparità di investimenti, secondo Transport and Environment. “Per garantire posti di lavoro nel settore automobilistico in Europa e non in Asia – ha detto in una nota Veronica Aneris, rappresentante italiano del think tank – il Parlamento e l’Unione europea devono fissare un obiettivo vincolante di riduzione del 20 per cento delle emissioni di CO2 per il 2025 ed uno sulle vendite di veicoli elettrici. Il mandato per i veicoli a emissioni zero introdotto dalla Cina lo scorso anno è il fattore principale della sua leadership nel settore della mobilità elettrica, ma non è troppo tardi perché l’Europa recuperi il suo ritardo”.
La Cina corre sull’auto elettrica, grazie anche alle case automobilistiche europee
Con l’emanazione del “mandato per i veicoli a energia nuova” dello scorso gennaio, la Cina ha dato un forte impulso al mercato dei veicoli elettrici, che dovrebbe arrivare a coprire il 10 per cento del mercato nel 2019 e il 12 per cento l’anno successivo. Ad oggi il gigante asiatico è il mercato più florido per quanto riguarda gli Ev, con 579mila auto vendute solo lo scorso anno. Oggi può vantare la flotta di veicoli a zero emissioni più grande al mondo, con 1,23 milioni di esemplari.
Un mercato che cresce del 50 per cento l’anno e che ingolosisce le case automobilistiche europee. Il gruppo Volkswagen, a fine 2017, ha annunciato una joint venture da 10 miliardi di euro con la cinese Anhui Jianghuai nell’ambito dell’iniziativa Roadmap E, per aumentare le vendite di veicoli elettrici a 1,5 milioni di euro entro il 2025. Nissan ha promesso 8 miliardi di euro come parte di una joint venture con Renault e Dongfeng nel tentativo di diventare il principale produttore di veicoli elettrici in Cina. Daimler Ag si è associata con la cinese Baic in una joint venture da 1,6 miliardi di euro per aumentare la produzione di veicoli elettrici Mercedes nel nuovo stabilimento di Pechino. A seguito della sua decisione di produrre la Mini elettrica in Cina, Bmw ha detto: “La produzione segue il mercato”.
Mobilità elettrica, l’Europa non può perdere l’occasione
Il passaggio dal motore endotermico a quello elettrico non avrebbe solo un ruolo di riduzione delle emissioni inquinanti e di gas serra, ma porterebbe alla creazione di 206mila nuovi posti di lavoro, secondo uno studio di Cambridge Econometrics. “Ma affinché ciò accada – spiega Transport and Environment – sono necessarie norme severe che spingano l’industria a investire in questo settore. Si stima che se in Europa nel 2030 le automobili elettriche venissero per la maggior parte importate, un terzo dei posti di lavoro nel settore manifatturiero andrebbe perso”.
Si tratta di un momento fondamentale dunque, che ha spinto la maggior parte delle associazioni ambientaliste a scrivere al ministro dell’Ambiente Sergio Costa perché introduca “obiettivi di vendita obbligatori per i veicoli low e zero emissioni” e per sostenere “obiettivi più ambiziosi di riduzione delle emissioni di CO2 di auto e furgoni, in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi”.
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