L’ultimo capitolo della trilogia del clima scritta dall’Ipcc ci dà ancora 3 anni di tempo per salvarci, poi saremo fossili.
Riscaldamento globale. Gli ultimi quattro anni sono stati i più caldi mai registrati
Mentre c’è chi in una nevicata vede una “pausa” nel riscaldamento globale, i dati che arrivano dagli scienziati purtroppo non sono altrettanto ottimistici. Secondo i dati pubblicati dal Copernicus climate change service (C3S), gli ultimi quattro anni sono stati i più caldi mai registrati, con un 2018 che è stato il quarto anno più caldo,
Mentre c’è chi in una nevicata vede una “pausa” nel riscaldamento globale, i dati che arrivano dagli scienziati purtroppo non sono altrettanto ottimistici. Secondo i dati pubblicati dal Copernicus climate change service (C3S), gli ultimi quattro anni sono stati i più caldi mai registrati, con un 2018 che è stato il quarto anno più caldo, con temperature non molto distanti da quelle del 2015. Un’ulteriore conferma di quanto riportato anche dal Cnr-Isac pochi giorni fa che, in uno studio pubblicato nei primi giorni dell’anno, afferma come il 2018 sia stato l’anno più caldo in Italia dal 1800 ad oggi.
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Riscaldamento globale, le temperature in costante aumento
“Anche il 2018 è stato un anno molto caldo, il quarto più caldo mai registrato”, afferma Jean-Noël Thépaut, a capo del Copernicus climate change service in una nota. “Eventi climatici importanti come l’estate calda e secca in gran parte dell’Europa o l’aumento della temperatura nelle regioni artiche sono segnali allarmanti per tutti noi”.
Se non bastasse l’allarme dato dal panel internazionale sui cambiamenti climatici con l’ultimo rapporto “Riscaldamento Globale di 1,5°C” – dove si sottolinea l’urgenza di un’azione congiunta e rapida entro pochi anni –, arrivano i nuovi dati in linea con le precedenti proiezioni del Wmo e del Global carbon project (Gcp) per il 2018, a conferma dunque della tendenza: la temperatura globale dell’aria superficiale è aumentata in media di 0,1°C ogni 5-6 anni dalla metà degli anni ’70 mentre gli ultimi cinque anni sono stati circa 1,1°C al di sopra delle temperature dell’era preindustriale.
Secondo i dati di C3s il riscaldamento più pronunciato rispetto alla media a lungo termine si sarebbe registrato nell’Artico, in particolare nello Stretto di Bering tra Stati Uniti e Russia e attorno all’arcipelago delle Svalbard. Le aree tettestri più calde della media sono state in particolare Europa, Medio Oriente e Stati Uniti occidentali. Al contrario, la parte nordorientale dell’America settentrionale e alcune aree centrali della Russia e dell’Asia centrale hanno registrato temperature annue inferiori alla media.
Aumentano anche i livelli di CO2
Nel rapporto fornito da Copernicus risulta in aumento anche la concentrazione di CO2 atmosferica. Anzi il tasso di crescita nel 2018 è stato maggiore dell’anno precedente, con un +2,5 ppm l’anno, arrivando a toccare quota 406,7 ppm, altro valore record. Pare comunque che l’anno a più alto tasso di crescita rimanga il 2015, a causa de El Nino, che ha portato a un assorbimento più debole del normale da parte della vegetazione terrestre di CO2 atmosferica e a grandi emissioni di CO2 derivanti dagli incendi.
Che cos’è il progetto Copernicus
Copernicus è il programma per l’osservazione della Terra messo a punto dall’Unione europea. Offre libero accesso agli utenti di dati operativi e servizi di informazione affidabili e aggiornati in materia di questioni ambientali. Elabora quotidianamente milioni di osservazioni terrestri, marine, aeree e satellitari per fornire una stima accurata delle temperature in qualsiasi momento o luogo scelto.
“Noi forniamo accesso ai dati climatici alle imprese e ai policy-maker per aiutarli a prendere decisioni”, spiega Thépaut. “Nel prossimo futuro, Copernicus climate change service e Copernicus atmosphere monitoring service giocheranno un ruolo significativo nel fornire informazioni sulle emissioni di CO2 provocate dall’uomo, fondamentali nel processo di implementazione degli accordi di Parigi”.
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