Le soluzioni di smart home & building automation abilitano la transizione ecologica, come dimostra il Report di sostenibilità “Welcome to the Nice future”.
Un viaggio nel tempo, tra design e architettura, con 40 interviste di Patrizia Scarzella
40 interviste è l’ultimo libro di Patrizia Scarzella, architetto e giornalista che da tempo collabora con LifeGate. Raccoglie le storie di noti personaggi del mondo del design, da lei collezionate in 40 anni di carriera.
Patrizia Scarzella è architetto e giornalista. Da sempre si occupa di design e di comunicazione per aziende italiane e straniere, ha scritto numerosi libri e realizzato mostre sperimentali in campo internazionale. Ha insegnato in diverse università italiane ed europee e dal 2010 si occupa intensivamente e con passione di progetti legati al design per il sociale in Europa, Africa e Asia.
40 interviste. Persone & storie, pubblicato in e-book, è una collezione di interviste e storie di incontri speciali con personaggi noti del mondo del design e dell’architettura, raccolte dalla giornalista in un arco temporale che va dai primi anni Ottanta ad oggi. Pubblicati precedentemente su riviste internazionali e libri di settore, gli scritti sono accomunati da un fil rouge: la passione con cui ciascuno dei protagonisti parla del proprio lavoro e, spesso, dell’etica come base fondante delle professioni creative di architetto e designer, e del loro impatto sociale.
Perché quaranta?
È da quarant’anni esatti che svolgo attività giornalistica. Ho iniziato a lavorare alla redazione di Domus insieme all’allora direttore Alessandro Mendini nell’ottobre del ’79. Grazie a questo lavoro ho conosciuto e avuto modo di confrontarmi con aziende strettamente connesse al mondo del design come Alessi, Zanotta, Arflex e molte altre, vivendo numerose esperienze legate alla comunicazione. Mi piaceva l’idea di festeggiare questo anniversario e in questo libro ho raccolto interviste e articoli di protagonisti del mondo del design e dell’architettura che ho incontrato nella mia attività professionale, e che in diversi modi sono state speciali per me. Li ho incontrati tutti di persona, tranne Victor Papanek, pioniere del design sociale e sostenibile, un progettista che ho sempre amato per le sue idee innovative che hanno anticipato temi del design divenuti oggi molto attuali.
Ci sono dei criteri che ti hanno guidato nella scelta di queste quaranta interviste?
Simbolicamente sono una per anno, ma non hanno un ordine strettamente cronologico. In realtà le ho scelte tra tantissime che ho fatto, perché sono particolarmente affezionata ad ognuna di queste storie o ciascuna di queste persone. L’insieme dei racconti di questi personaggi, protagonisti ciascuno di un pezzo della storia del design e dell’architettura, delinea uno scenario piuttosto complesso e variegato.
Alcuni, come ad esempio Philippe Starck, che io considero oggi un personaggio straordinario e unico, o Ettore Sottsass, li ho incontrati più volte negli anni e ho avuto modo di scrivere diversi articoli su di loro, seguendo l’evoluzione del loro percorso creativo; l’unico dei quaranta che con il design non c’entra è Lawrence Ferlinghetti, uno dei padri della letteratura della ‘beat generation’. L’ho amato moltissimo nella mia gioventù, ho letto tutto quello che ha scritto, e rimane ancora oggi un riferimento importante nella mia vita. Ogni volta che vado a San Francisco, cosa che accade piuttosto di frequente per ragioni familiari, vado a visitare City lights, la sua libreria, un luogo poetico che ha conservato il fascino degli anni Cinquanta e Sessanta. Quest’anno a marzo sono stata alla festa per i suoi cento anni!
Per il network LifeGate, con cui collaboro da anni ai contenuti editoriali di design e architettura sostenibili, mi è capitato di intervistare Yona Friedman, architetto, designer e urbanista ungherese, oggi ultra novantenne, personaggio mitico del design e dell’architettura, che ha precorso i tempi in moltissimi casi, con delle idee straordinariamente innovative sull’auto-costruzione e sull’architettura che cresce e si modifica nel tempo a seconda delle esigenze.
Ci sono anche degli estratti di interviste che sono state pubblicate sui miei libri precedenti, per esempio quella all’architetto Luigi Caccia Dominioni, sul libro I colori del design (Franco Angeli editore, Milano, 2007), che trovo ancora oggi molto bella. Poi ovviamente ci sono Alessandro Mendini, Gillo Dorfles, Ettore Sottsass, Shiro Kuramata, Kengo Kuma, alcuni ‘grandi’ che hanno fatto la storia del design e dell’architettura.
Infine, c’è una parte di interviste abbastanza recenti che va dal 2015 al 2018 a donne imprenditrici che lavorano sul sociale, sulla responsabilità sociale di impresa, tema altrettanto interessante a cui sono molto legata. Simona Roveda di LifeGate, Luisa Bocchietto, Nicoletta Alessi, Daniela Fantini, Luciana Damiani, tutte donne che hanno saputo declinare questo tema con talento e infinita passione, in modo unico e speciale. Ognuno di questi personaggi ha una sua specificità e peculiarità e tutti insieme sono come tanti tasselli che formano un mio quadro personale a cui sono particolarmente affezionata e che mi piace sempre guardare.
Tra i personaggi che hai intervistato ce n’è qualcuno che, rispetto a quegli anni, ritieni avesse già una visione chiara del futuro in termini di progettualità e di pensiero?
C’è un inedito mai pubblicato, un’intervista a Elio Fiorucci sui prodotti cruelty free. Lui è stato secondo me uno dei personaggi più innovativi e più illuminati nel panorama italiano degli anni Ottanta, con una visione personalissima del futuro. Amava moltissimo la plastica come materiale, ad esempio, affermazione che oggi suona quasi reazionaria e certamente controtendenza, perché diceva che un oggetto di plastica era molto più ecologico che non abbattere alberi; ma sul tema del cruelty free devo dire che aveva una visione estremamente nuova e che precorreva decisamente i tempi. Cruelty free non significava per lui solo produrre avendo rispetto per gli animali, ma la sua visione era più ampia ed estesa all’intero ciclo di produzione degli oggetti, che non deve creare sofferenza in alcun modo, quindi per esempio proponeva di boicottare l’acquisto di prodotti non realizzati da persone con una paga equa, o utilizzando manodopera di bambini come spesso accade nell’economia dei paesi poveri.
Quando e come il design del sociale è diventato uno dei temi prioritari e di maggiore interesse nella tua vita?
Ho raccontato molte storie che appartengono alla sfera del design per il sociale e alle sue sfaccettature: dal 2000 in poi sempre più questo è il campo che mi interessa maggiormente e nel quale ho lavorato e attivato tanti progetti in giro per il mondo. Per esempio, nel libro ci sono degli articoli su delle esperienze molto interessanti a cui ho lavorato in Madagascar: comunità autosufficienti che producono manufatti di ferro e di metallo riciclato che hanno alla base un’idea sociale, ovvero utilizzano la metodologia del design come strumento per creare economia sostenibile.
Quello è l’aspetto della professione che a me interessa oggi di più. Non mi è mai interessato l’oggetto di per sé, il prodotto di design industriale; piuttosto, è affascinante tutto ciò che il design può fare al di là del prodotto per migliorare le condizioni di vita e per innovare. Penso che l’impatto sociale e la sostenibilità siano temi di grande rilievo, presupposti imprescindibili per la progettazione negli ambiti del design e dell’architettura.
Qual è, se esiste, il filo conduttore che accomuna queste interviste?
Il primo fil rouge è personale, il mio legame con queste storie: incontri, persone, momenti, racconti a cui sono particolarmente affezionata. Se vogliamo trovare un altro leitmotiv che collega questi quaranta scritti, è che questi personaggi, nessuno escluso, fanno il proprio lavoro con una passione straordinaria e unica; la maggior parte di essi pone l’etica come uno dei valori fondamentali per svolgere la professione creativa di designer o architetto, che ha o può avere un impatto sociale forte. Quindi, chi più, chi meno, sono tutti consapevoli di questo grande valore che l’essere un progettista porta con sé.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Si può tinteggiare casa con prodotti che proteggono l’ambiente e la nostra salute? Sì, se si usano idropitture e coloranti a base di materie prime vegetali e minerali.
Andreas Kipar è uno dei maggiori esperti internazionali di architettura del paesaggio.
Riutilizzo, durabilità e bellezza sono gli ingredienti che rendono sostenibili queste forme di artigianato giapponese, in cui materiali come ceramica, legno, carta e stoffa diventano preziosi perché lavorati con cura e rispetto.
Il progetto New Cairo vertical forest, firmato dallo studio Stefano Boeri architetti, avrà l’obiettivo di ossigenare una delle città più congestionate del Nordafrica e sarà pronto entro la fine del 2023.
Milano è detta “la verde” per l’insieme dei progetti, dai parchi agricoli alla forestazione urbana, che la rendono oggi un caso unico nel panorama italiano. L’intervista all’architetto Giuseppe Marinoni.
Il nuovo campus Bocconi, trasparente e sostenibile, ha aperto i battenti a studenti e cittadinanza. L’inaugurazione è avvenuta alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
L’innovazione e la sostenibilità sono i cardini della filosofia dello studio Architecture and vision di Arturo Vittori. Classe 1971, Vittori è architetto, designer e artista, amministratore delegato della non profit Warka Water e fondatore del marchio etico di moda Culture à porter. Viene da esperienze internazionali con architetti come Santiago Calatrava, Jean Nouvel, lo studio Future Systems. Tra i suoi
L’archistar Stefano Boeri lancia un nuovo progetto di riforestazione urbana per Milano: ForestaMi prevede la piantumazione di 100mila alberi solo quest’anno, per arrivare a tre milioni di piante entro il 2030.