Mirai significa futuro in giapponese e sora è cielo. Un glossario delle parole chiave per orientarsi durante le Olimpiadi di Tokyo 2020 e scoprire il piano di mobilità sostenibile dei giochi, realizzato insieme a un partner d’eccezione.
Perché il futuro della società passa (anche) dall’idrogeno
Per raggiungere la neutralità delle emissioni di CO2 entro la metà del secolo sarà necessario ripensare interi settori della società. E l’idrogeno è il vettore che potrà dare uno dei maggiori contributi.
Quando si pensa all’idrogeno il collegamento che viene più semplice fare è quello legato alla mobilità. Da anni infatti la ricerca lavora sullo sviluppo della tecnologia a fuel cell per alimentare le automobili. Veicoli che allo scarico emanano solamente vapore acqueo, con una drastica riduzione quindi delle emissioni inquinanti come gli NOx e degli SO2 o dei gas serra come la CO2. Ma se la diffusione dei veicoli alimentati a idrogeno ha vissuto una fase di stallo, pochi sanno che esistono interi settori industriali che già impiegano questo vettore energetico per alimentare motori, stoccare energia, fornire gas alle abitazioni.
Benvenuti nella società a idrogeno
È quella che viene definita anche come “società a idrogeno” nella quale questo vettore energetico, se prodotto a partire da fonti rinnovabili o da processi comunque a basse emissioni di carbonio (low carbon hydrogen), viene impiegato per avviare la decarbonizzazione della società e raggiungere così le emissioni neutre, almeno entro la metà di questo secolo. È uno degli impegni assunti dal Regno Unito che, a giugno di quest’anno e tra i primi al mondo, ha promulgato una legge che prevede di azzerare le emissioni della nazione entro il 2050, diventando una delle maggiori economie globali a non contribuire ai cambiamenti climatici.
Per fare ciò è necessario investire nei tre settori chiave: energetico, industriale e in quello dei trasporti. È proprio a partire da quest’ultimo settore che l’idrogeno ha le maggiori possibilità di sviluppo. E lo dimostra la stessa Londra, con il recente impegno del sindaco Sadiq Khan che vuole portare la città ad essere a zero emissioni di CO2 sempre entro il 2050.
Perché il Regno Unito sta puntando sull’idrogeno
Già nei primi anni del 2000 il Regno Unito ha scommesso sull’idrogeno e oggi può vantarsi di essere, insieme alla Germania, al Giappone e alla California, tra i paesi leader nell’impiego di questo vettore. E questo grazie anche a società come Johnson Matthey, conosciuta nel mercato per la produzione di catalizzatori e componenti per l’uso nelle celle a combustibile. Lo stabilimento di Swindon, a due ore circa da Londra, è stato infatti il primo impianto al mondo di produzione di elettrodi a membrana, componenti chiave al centro della tecnologia delle celle a combustibile (fuel cell). Il loro mercato, oltre al Regno Unito è rappresentato maggiormente da Stati Uniti e Cina.
Ma è il mondo dell’industria quello che sta guardando con maggiore attenzione all’idrogeno. Con il progetto HyNet, che dovrebbe sorgere nell’area nei dintorni di Liverpool, verrà realizzato un vero e proprio hub dell’idrogeno. Da qui sarà convogliato all’interno della rete già esistente per alimentare stazioni di rifornimento, treni e abitazioni. La produzione avverrà a partire dal gas naturale e per ridurre le emissioni di CO2 dovute alla trasformazione in idrogeno verrà sviluppata quella che sarà la prima infrastruttura Ccus (Carbon capture utilisation and storage) del Regno Unito. In pratica il surplus di emissioni prodotte dall’impiego del gas vengono catturate e stoccate, senza ci sia il rilascio in atmosfera. Una tecnologia ancora ai primordi, con molti punti interrogativi non risolti ma che, secondo la stessa Agenzia internazionale dell’energia, potrebbe contribuire a ridurre del 7 per cento le emissioni per raggiungere gli obiettivi al 2040.
Dalla Toyota Mirai ai bus a idrogeno
Ma è il settore dei trasporti quello già pronto per la rivoluzione a idrogeno. Toyota ha scommesso fortemente in questa tecnologia e, se globalmente oggi ha già sul mercato oltre 9mila Mirai, secondo Taiyo Kawai, project general manager di Toyota Motor Company, le previsioni mostrano come dal prossimo anno sarà avviata la produzione in massa della prima auto a fuel cell con un’autonomia di 500 chilometri e tempi di rifornimento di soli tre minuti.
Già, perché è questo uno dei vantaggi dell’idrogeno. Il rifornimento funziona esattamente come quello delle pompe a Gpl, dove è lo stesso utente a fare il pieno al veicolo. I tempi di attesa sono minimi e un pieno si aggira intorno ai 40 euro (circa 35 sterline). Oggi la rete di rifornimento inglese conta 65 stazioni, disseminate principalmente nell’area metropolitana londinese, ma “crescerà oltre il migliaio di unità e sarà sparsa su tutto il territorio” entro il 2020, dice Dennis Hayter, vice presidente di Intelligent Energy, società di consulenza inglese.
Il settore che ha avuto il maggior impulso è quello del trasporto pubblico e del trasporto pesante. All’interno del progetto UkH2Mobility tutti i grandi attori di questa industria – dai produttori e fornitori di idrogeno, alle case automobilistiche passando per gli uffici governativi -, hanno sviluppato una roadmap per portare sulle strade del Regno Unito una flotta di 1,6 milioni di veicoli. Tra questi, autobus, treni e mezzi pesanti che saranno alimentati a idrogeno. Le previsioni vedono quest’ultimo come già competitivo con i combustibili fossili nel 2030, ma con livelli di emissioni di CO2 inferiori del 60-75 per cento. A dimostrazione che l’idrogeno rimane uno degli strumenti che potranno essere impiegati per raggiungere la neutralità in fatto di emissioni di CO2 e per decarbonizzare l’economia, contribuendo in parte a vincere la sfida climatica.
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