Nei primi due talk organizzati da Autopromotec si è parlato di come, dietro l’auto, si celi un mondo (perlopiù invisibile) di piccole e grandi realtà che investono in innovazione e sostenibilità.
Tutto sull’auto a idrogeno. Cos’è, come funziona, i vantaggi e il futuro
Da marzo le auto a idrogeno potranno (davvero) circolare lungo le strade italiane. Un decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale prevede infatti l’innalzamento della pressione massima d’esercizio delle pompe di rifornimento dagli attuali 350 bar a 700 bar. Un cambiamento necessario per rispondere alle esigenze tecniche delle vetture presenti sul mercato. Così facendo, le moderne auto
Da marzo le auto a idrogeno potranno (davvero) circolare lungo le strade italiane. Un decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale prevede infatti l’innalzamento della pressione massima d’esercizio delle pompe di rifornimento dagli attuali 350 bar a 700 bar. Un cambiamento necessario per rispondere alle esigenze tecniche delle vetture presenti sul mercato. Così facendo, le moderne auto alimentate mediante fuel cell potranno rifornirsi in pochi minuti e in totale sicurezza. L’era dell’idrogeno avrà, finalmente, inizio.
L’idrogeno non è rinnovabile. Deve essere prodotto
Sulla Terra, l’idrogeno non è disponibile in forma naturale. Non può dunque essere considerato una fonte rinnovabile, almeno in via primaria. Si tratta piuttosto di un vettore energetico. Ad oggi viene prodotto attraverso la gassificazione del carbone e il trattamento chimico degli idrocarburi – pratiche in entrambi i casi non sostenibili, data l’elevata quantità di anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera – oppure mediante steam reforming del gas naturale – procedura che consiste nel far reagire metano e vapore acqueo a una temperatura compresa tra 700 e 1.100°C per produrre syngas, una miscela di monossido di carbonio e idrogeno – o, ancora, grazie a due sistemi compatibili con l’ambiente. Nel primo caso sfruttando le alghe, ma anche i fanghi e le acque reflue, in appositi bioreattori, nel secondo affidandosi all’elettrolisi dell’acqua.
L’elettrolisi eolica o solare è sostenibile
L’elettrolisi dell’acqua vede una corrente a basso voltaggio attraversare il fluido e dare origine a ossigeno e idrogeno in forma gassosa. In passato, l’elettricità consumata per quest’operazione aveva un valore superiore a quello dell’idrogeno prodotto; il saldo energetico era pertanto negativo e non sostenibile. Per produrre un chilogrammo di idrogeno erano necessari almeno 45 kWh, mentre oggi la tecnologia, complice la disponibilità di soluzioni acquose di alcoli rinnovabili come etanolo, glicerolo e altri estratti dalle biomasse, stabilisce in 18,5 kWh il fabbisogno energetico. Energia che viene fornita sempre più spesso da fonti rinnovabili (in primis eolico e solare) e in alcuni Paesi come la Germania è legata alla necessità di assorbire i picchi di produzione, ottimizzando l’intero sistema e facendo anche dell’idrogeno una fonte, lato sensu, “rinnovabile”.
Il saldo energetico positivo è possibile
La produzione d’idrogeno mediante fonti rinnovabili permette di considerare positivo il saldo energetico. Così la pensa, ad esempio, Toyota, primo brand al mondo a introdurre sul mercato un’auto fuel cell di serie, impegnata nel dare vita a una filiera virtuosa nelle città giapponesi di Yokohama e Kawasaki grazie alla centrale eolica hi-tech di Hama Wing. Perché l’idrogeno diventi conveniente, quindi sostenibile anche economicamente, sono però necessari ulteriori sviluppi. In primis la diffusione dei punti di rifornimento e di flotte di vetture e autobus in grado di assicurare un adeguato carico per ciascuna stazione. Un modus operandi, in estrema sintesi, che consenta di minimizzare i rischi finanziari e trasformi la distribuzione di questo carburante da tecnologia di nicchia a soluzione di massa. Un orizzonte in cui alcuni costruttori credono fermamente, attratti dall’obiettivo di produrre veicoli a zero emissioni – a patto che l’idrogeno non derivi, come accennato, dai combustibili fossili – e caratterizzati da una generosa autonomia, rinnovabile in pochi minuti.
L’auto a idrogeno si affida all’elettrochimica
I sistemi propulsivi a idrogeno convertono l’energia chimica di questo carburante in energia meccanica secondo due schemi fondamentali: bruciandolo in un motore a combustione interna, come accade per i razzi della Nasa, l’Ente spaziale americano, oppure facendolo reagire con l’ossigeno in una pila a combustibile – in inglese fuel cell – così da produrre elettricità. I veicoli che seguono la prima strategia sono definiti HICEV (Hydrogen Internal Combustion Engine Vehicle), mentre i secondi sono noti come FCEV (Fuel Cell Electric Vehicle). La mobilità del futuro è appannaggio di questi ultimi, data l’assenza di emissioni e l’accessibilità della tecnologia necessaria per ottenere percorrenze degne di nota con un semplice rifornimento.
Le pile a combustibile producono energia. E acqua
Le pile a combustibile, cuore delle moderne auto a idrogeno, sono dei dispositivi elettrochimici che permettono di ottenere elettricità dalla combinazione dell’idrogeno con l’ossigeno, senza alcun processo di combustione termica. La reazione necessaria per questo risultato si basa sull’idea di spezzare le molecole dell’idrogeno in ioni positivi ed elettroni; questi ultimi, passando da un circuito esterno, forniscono una corrente elettrica proporzionale alla velocità della reazione chimica, utilizzabile per qualsiasi scopo. Tale reazione produce un prodotto di scarto, l’acqua, che può essere rilasciato in natura in quanto perfettamente compatibile con l’ambiente e per nulla alterato.
L’idrogeno deve essere compresso
I problemi tecnici connessi all’utilizzo dell’idrogeno da autotrazione sono legati essenzialmente alla sua scarsa densità energetica su base volumetrica – specie se paragonato agli idrocarburi – che impone per lo stoccaggio pressioni particolarmente elevate o, in alternativa, un trattamento di tipo criogenico. Non esistono al momento alternative in ambito automotive, dato che tanto l’adozione di serbatoi di grandi dimensioni quanto l’immagazzinamento sotto forma di ammoniaca, idruri metallici, idrocarburi sintetici – come il metanolo – o nanotubi sia in carbonio sia in silicio poco si presta all’impiego a bordo di veicoli compatti. La pressione di stoccaggio, pertanto, assume un ruolo centrale nell’impiego dell’idrogeno da locomozione, pur aprendo le porte a interrogativi che riguardano non tanto la sicurezza quanto l’opportunità e la sostenibilità del sistema, dato che comprimere l’idrogeno comporta un dispendio d’energia.
L’auto a idrogeno condivide i vantaggi delle elettriche
Una vettura alimentata a idrogeno è un’auto elettrica, ma dotata di pile a combustibile anziché di comuni batterie. Sotto il profilo della guida non cambia nulla, dato che vantaggi quali la spinta istantanea, l’erogazione lineare, l’assenza di strappi in ripresa e il comfort da primato non sono in discussione. In aggiunta, non vengono meno plus quali il libero accesso alle ZTL, ad esempio l’Area C di Milano, la gratuità della sosta sulle strisce blu e l’esenzione dal bollo per cinque anni su tutto il territorio nazionale (a vita in Lombardia e Piemonte). Una volta scaduto tale termine, oltretutto, si paga una cifra ridotta del 75 per cento rispetto allo standard.
L’auto a idrogeno si ricarica in pochi minuti
Rispetto alle “comuni” vetture elettriche, l’auto a idrogeno può contare su due vantaggi fondamentali: la ricarica in pochi minuti e l’autonomia estesa. Nel primo caso, grazie agli impianti di rifornimento d’ultima generazione è possibile “fare un pieno” con tempistiche non dissimili dai carburanti fossili, mentre nel secondo caso si parla già oggi di percorrenze reali nell’ordine dei 600 chilometri. Traguardi ancora lontani per le auto a batteria che, pur optando per le colonnine di ricarica ad alta capacità, tuttora poco diffuse, necessitano di tempi di rigenerazione dell’energia sensibilmente superiori. Rovescio della medaglia, le auto a idrogeno costano care, complice la ridottissima diffusione, e vedono i listini partire da circa 60.000 dollari (55.000 euro) negli Stati Uniti per la Honda Clarity Fuel Cell e da 66.000 euro (più tasse locali) in Europa per la Toyota Mirai. In aggiunta, il sistema di distribuzione versa in uno stato pressoché embrionale. L’unico impianto in Italia ad oggi in grado di produrre e stoccare idrogeno, così da rifornire i veicoli spaziando dagli autobus per il trasporto pubblico urbano a un parco vetture destinato al noleggio, è quello presente a Bolzano e realizzato grazie al progetto H2 Alto Adige. Come indicato in apertura, però, dal 31 marzo le cose potrebbero cambiare.
Anche gli Stati Uniti credono nell’auto a idrogeno
Il freno più grande alla diffusione dell’idrogeno è legato agli elevati costi che interessano tanto la produzione dei veicoli quanto la realizzazione degli impianti di distribuzione. L’infrastruttura al dettaglio è tutta da inventare, pressoché ovunque, e al di là dei problemi legislativi che sino a poco tempo fa ne limitavano le potenzialità, l’investimento per ogni punto di erogazione resta uno scoglio. Un ostacolo comunque superabile grazie al sostegno pubblico e privato, come dimostrano gli Stati Uniti dove, entro la metà del 2017, grazie all’iniziativa tanto delle case auto quanto delle istituzioni, saranno operativi una sessantina d’impianti dislocati principalmente in California (48) e in cinque Stati della East Coast, vale a dire New York, New Jersey, Massachusetts, Connecticut e Rhode Island. Stazioni nate con l’obiettivo di dare vita a un vero e proprio “corridoio dell’idrogeno” che si estenda dalla macroarea di New York a quella di Boston.
Entro il 2025 sono attese 27mila auto a idrogeno in Italia
Bob Carter, vicepresidente di Toyota America – la casa giapponese crede profondamente nella berlina a idrogeno Mirai – sostiene che “negli Stati Uniti ci sono già 16 mila potenziali acquirenti di una vettura fuel cell. Dobbiamo solamente garantire loro una rete di rifornimento accettabile. Dopodiché, il mercato inizierà a crescere inesorabilmente”. Una valutazione che trova concorde la rivale Honda e, in ambito europeo, riscuote consensi soprattutto in Germania, dove sono attive 22 realtà e si attende l’inaugurazione di cinquanta nuovi distributori, e in Italia. Il Piano strategico per lo sviluppo dei combustibili alternativi si propone di portare sulle strade della Penisola, entro il 2025, 27mila veicoli alimentati mediante celle a combustibile, destinati a diventare 8,5 milioni nel 2050 – il 20 per cento del parco circolante – grazie a una rete di rifornimento composta da 5mila stazioni. Numeri da capogiro che, se trasformati in realtà, andranno oltre le più rosee aspettative.
L’auto a idrogeno limiterà il riscaldamento globale
La previsione d’avere 8,5 milioni di vetture a idrogeno in circolazione in Italia nel 2050 può apparire ottimistica, ma in realtà è allineata alle scadenze dettate dall’Agenzia internazionale dell’energia per contenere il riscaldamento globale entro i 2°C nei prossimi trent’anni. Linee guida che stimano in 40 milioni le auto a celle di combustibile protagoniste della mobilità francese, tedesca, italiana e inglese alla soglia del 2050. Un obiettivo possibile solo grazie alla cooperazione tra pubblico e privato. Competenze industriali, incentivi e sgravi fiscali saranno i paladini di una sfida la cui posta in palio è la salute del Pianeta.
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